Com’eri vestita?
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Lo scorso 25 novembre, come ogni 25 novembre dal 2000, è stata la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La data è stata scelta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per ricordare le tre sorelle dominicane Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa) che, per aver tentato di opporsi al regime del dittatore Rafael Leónidas Trujillo, furono stuprate, torturate e uccise dagli agenti del servizio di informazione militare mentre andavano a far visita ai mariti in carcere, il 25 novembre 1960. Le tre sorelle furono poi ribattezzate con il nome in codice che usavano per militare nella resistenza antitrujillista: Las Mariposas.
Nonostante la Giornata sia stata istituita con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del rispetto, le donne continuano ad essere vittima di violenza. Secondo l’ultimo rapporto dell’ufficio di Vienna delle Nazioni Unite, nel 2023 ne sono state uccise intenzionalmente almeno 85mila in tutto il mondo. Sono 140 al giorno, una ogni dieci minuti, di cui la maggior per mano del partner o familiari.
Chi riesce a sopravvivere dopo essere stata abusata sessualmente e sceglie di denunciare il sopruso, invece, rischia di addentrarsi in un processo sociale chiamato “vittimizzazione secondaria”, per cui si presuppone, più o meno velatamente, che avrebbe potuto evitare lo stupro se solo… Se solo si fosse comportata in modo diverso, ad esempio. O se avesse evitato di lanciare quello sguardo. O se solo avesse indossato abiti meno provocanti. Non a caso, una delle prime domande poste ancora oggi nelle stazioni di polizia o nelle aule di giustizia alle vittime di violenza è: com’eri vestita quel giorno?
A questa domanda si ispira la mostra – intitolata “Com’eri vestita?”, appunto – allestita a novembre al Palazzo di Giustizia di Milano che, ispirandosi a un progetto della University of Kansas e della University of Arkansas, racconta la storia di 17 donne abusate e violentate. Ogni storia è affiancata dalla rappresentazione fedele degli abiti indossati dalla vittima al momento dello stupro.
Nell’ultima puntata di Diverso sarà lei parlo di questa mostra e del suo messaggio con Antonino La Lumia, presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, che ha partecipato al suo allestimento.
Chiudo la rubrica di oggi prendendo spunto dalle parole che Gino Cecchettin ha pronunciato dopo l’annuncio dell’ergastolo per Filippo Turetta e che mai come in questo momento, mentre ci sforziamo di riflettere sull’abuso della forza che così frequentemente viene messo in atto nei confronti della donna, cadono a fagiolo: “La sensazione è che abbiamo perso tutti come società. La violenza di genere non si combatte con le pene, bensì con la cultura. Come essere umano mi sento sconfitto. Come società, dobbiamo capire cosa è crudeltà e cosa è stalking. Aiutateci in questo percorso perché c’è tanto da fare”.
Buon ascolto!