La corsa all’intelligenza artificiale: prepararsi al futuro del lavoro
Marilù Capparelli, general counsel di Google: «L’AI avrà un impatto trasformativo sull’economia, ecco perché vogliamo fornire supporto alle aziende locali»
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L’intelligenza artificiale (Ai) sta progredendo a velocità spedita nel mondo degli affari. Per quanto si trovi ancora nelle sue fasi iniziali di sviluppo e utilizzo, la sensazione diffusa è che tecnologie sempre più sofisticate entreranno a far parte del nostro quotidiano. Un recente studio di McKinsey suggerisce addirittura che l’Ai generativa potrebbe automatizzare fino al 70% delle attività aziendali entro il 2030, aggiungendo trilioni di dollari al valore dell’economia globale. Secondo il Global AI Adoption Index 2023 di IBM, tuttavia, sebbene il 42% delle organizzazioni con oltre 1000 dipendenti a livello globale usi già intensamente l’Ai nelle proprie attività e il 60% degli early adopter voglia incrementare gli investimenti in questo ambito, ovunque permangono barriere importanti nell’adozione di tecnologie avanzate. La prima fra tutte? La carenza di competenze. Lo sa bene Google, per cui l’Ai non è senz’altro una novità, che ha deciso di puntare su progetti che aiutino a conoscere questa tecnologia e, di conseguenza, ad aumentare la produttività delle piccole e medie imprese italiane. Uno di questi progetti, lanciato a metà aprile, si chiama non a caso IA per il Made in Italy. L’obiettivo è quello di guidare le pmi nella transizione tecnologica e digitale, aiutandole a capire dove (e come) inserire l’Ai all’interno dei propri processi aziendali, al contempo colmando i gap di competenze attraverso corsi adatti ai vari livelli di conoscenza.
Ma non c’è solo IA per il Made in Italy. Un’altra iniziativa su cui ha puntato Google, parlando di Ai, è il bando CrescerAI, di fondo Repubblica Digitale, finanziato da oltre 2 milioni di euro da Google Org e per sviluppare soluzioni innovative per il nostro Paese. Un’altra ancora è AI Opportunity Initiative, lanciata in Europa a marzo per sostenere la formazione delle competenze tech per tutti, con un’attenzione particolare alle comunità vulnerabili e svantaggiate.
«L’Ai avrà un impatto trasformativo sull’economia nazionale e internazionale. Ecco perché siamo convinti che sia fondamentale fornire supporto alle aziende locali al fine di sviluppare le potenzialità esistenti in questo settore», ha raccontato a MAG Marilù Capparelli, general counsel di Google che si è mossa in prima linea per lo sviluppo di queste iniziative.
Cioè?
Ho gestito questi progetti indossando due capelli. Quello da general counsel, innanzitutto, con cui ho supervisionato il mio team di legali, composto nello specifico caso del progetto AI per il Made in Italy dal senior counsel Alessandro Fasanella e dal junior counsel Simone Cedrola, insieme ai quali ho valutato tutte le opzioni di implementazione, con un occhio alle esigenze legali di compliance e a quelle di marketing, curando temi che vanno dalla competition alla privacy, dalle operazioni a premio alla definizione contrattuale delle iniziative stesse.
E il secondo cappello?
Essendo parte del management di Google Italia, ho avuto anche un ruolo di creazione e sviluppo del progetto. Siamo partiti con delle analisi strategiche che ci hanno permesso di capire come avremmo potuto contribuire alla crescita del Paese attraverso l’utilizzo dell’Ai. Abbiamo quindi indagato il potenziale di crescita del tessuto imprenditoriale italiano, il livello di competenze digitali, quale fosse la visione digitale predominante, quante aziende abbiano già messo in piedi una strategia digitale al loro interno. Dopodiché, abbiamo valutato quale tipo di contributo avremmo potuto offrire all’ecosistema italiano.
…et voilà!
Ma è più facile a dirsi che a farsi. I miei colleghi hanno svolto un lavoro davvero impressionante: conti che progetti come questi, quando prendono il volo, si muovono molto velocemente. Oltre a dover seguire la linea e le necessità dei team interni e a dover fare attenzione alla compliance, il legale in house deve anche lavorare con i partner esterni, in fase sia di negoziazione sia di realizzazione.
Con chi vi siete consultati esternamente?
Il nostro studio legale di riferimento, per tutte le questioni commerciali, è Hogan Lovells.
L’Ai è una disciplina che si muove molto velocemente, sia dal punto di vista normativa sia dal punto di vista tecnologico. Voi come vi tenete aggiornati?
Abbiamo un costante interscambio con i nostri dipartimenti di public policy a livello globale che vivono le trasformazioni legislative in tempo reale giorno per giorno e ci documentiamo attraverso la partecipazione a convegni e la continua lettura di aggiornamenti sulle testate giornalistiche, le riviste di settore e tutte le fonti ufficiali dell’UE. Quello che ci aiuta moltissimo nell’apprendere ciò che succede a livello legislativo e di policy nel mondo, quindi, sono le costanti riunioni con i colleghi d’oltreoceano e dei paesi europei con i quali ci scambiamo notizie legislative, esperienze e pareri. Ma le dirò: riteniamo molto utili anche le newsletter tematiche che riceviamo dagli studi legali.
Già che ci siamo, che cosa ne pensa dell’AI Act recentemente approvato dal Parlamento europeo? Credo che l’intelligenza artificiale sia troppo importante per non essere regolamentata e che sarebbe sbagliato, dunque, non apprezzare i legislatori europei per il loro duro lavoro svolto. L’AI Act è una normativa di compliance molto articolata che porterà tutte le imprese che vorranno utilizzare l’Ai a domandarsi cosa fare per essere compliant. Fin dall’inizio del lavoro europeo sull’AI Act, peraltro, all’interno della nostra direzione legale […]
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