ILO: Covid-19, un giovane su sei non lavora più

Il coronavirus fa sentire i suoi effetti devastanti sulla fascia dell’occupazione dei più giovani. Più di un giovane lavoratore su sei ha smesso di lavorare a causa del Covid-19. E chi sta ancora lavorando ha visto una riduzione dell’orario di lavoro del 23%.

A rivelarlo sono i dati dell’ILO (l’Organizzazione mondiale del lavoro).

I giovani sono i più esposti alla crisi per l’attività che svolgono. Il 77% dei lavoratori giovani è occupato nell’economia informale (la media per gli over 25 è di circa il 60%) e in più di quattro casi su dieci opera nei settori più colpiti, che danno lavoro a 178 milioni di ragazzi. Questo si aggiunge al fatto che già prima della crisi, c’erano 267 milioni di giovani che non studiavano né lavoravano (i cosiddetti Neet, not in employment, education or training), inclusi quasi 68 milioni di disoccupati. Inoltre, sempre i giovani avevano pagato il prezzo più caro della crisi del mondo del lavoro dal 2008 in poi.

 

In generale

In generale, l’emergenza sanitaria sta causando nel secondo trimestre 2020 una perdita stimata nel 10,7% delle ore lavorate nel mondo, rispetto all’ultimo trimestre del 2019, pari a 305 milioni di posti a tempo pieno. La quasi totalità dei lavoratori (94%) vive in un Paese con qualche tipo di misura restrittiva sui luoghi di lavoro per il contenimento dei contagi.

L’emergenza sanitaria ha messo in difficoltà anche molti studenti. Metà di loro si aspetta di completare i propri studi in ritardo, mentre il 10% dubita di poterli completare del tutto. Che lavorino o no, dall’inizio della pandemia la gran parte dei giovani intervistati racconta di essere diventato vulnerabile ad attacchi di ansia e depressione. Per questo, dall’ILO arriva l’appello a una risposta politica “urgente e su larga scala per evitare danni a lungo termine ai giovani in termini di formazione e prospettive nel mercato del lavoro”.

Gennaro Di Vittorio

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