Vino, i legali in house alle prese con i nuovi obblighi sulle etichette

Maria Katharina Rauchenberger, legal & compliance director di gruppo Ruffino: «Così il consumo diventerà più consapevole»

di michela cannovale

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Entrerà in vigore il prossimo 8 dicembre la tanto discussa operazione trasparenza sul vino europeo (la Commissione Ue alla Salute ha iniziato a parlarne a marzo 2017). Via quindi ai nuovi obblighi in base ai quali tutte le etichette cartacee dovranno mettere bene in mostra due informazioni fondamentali: il valore energetico e l’elenco degli ingredienti della bevanda. Ai produttori è stato concesso un piccolo contentino: tutti i dati che non siano, appunto, calorie e allergeni, ma riguardino invece la quantità di grassi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale o il termine minimo di conservazione (che, secondo le associazioni di settore, avrebbero occupato uno spazio troppo esteso sulla versione cartacea) potranno essere indicati in un’etichetta elettronica (la cosidetta off label) a cui accedere tramite codice Qr.

Come stanno rispondendo alla nuova normativa i giuristi d’impresa del reparto vitivinicolo? MAG ne ha parlato con Maria Katharina Rauchenberger (IN FOTO), legal & compliance director di gruppo Ruffino e responsabile territoriale Aigi (Associazione italiana giuristi d’impresa) per Toscana e Umbria. L’azienda, fondata nel 1877 e con sede a Pontassieve, produce e commercializza ogni anno trenta milioni di bottiglie sviluppate su circa quaranta etichette diverse, la maggior parte delle quali legate alle denominazioni storiche della Toscana: Chianti, Chianti Classico e Brunello di Montalcino. A queste si affianca la produzione di Prosecco e Pinot Grigio in Veneto.

Come direzione legale di una casa vitivinicola, come avete reagito ai nuovi obblighi in materia di etichettatura delle bottiglie?
Ci aspettavamo di dover modificare le nostre etichette e capiamo l’esigenza di rendere i consumatori capaci di fare scelte informate su alimenti sostenibili e salutari, visto che la normativa di etichettatura si basa sulle future linee di azione dell’Unione Europea al fine di un regime alimentare sostenibile. Si tratta in ogni caso di modifiche attese per quanto ci riguarda, tenendo conto della discussione che ormai da tempo impegna gli addetti ai lavori. Anzi, i tempi ormai sono stretti se si guarda alla data dell’8 dicembre 2023. La questione, comunque, non può chiudersi con un semplice restyling d’etichettatura, ma deve portare a valutazioni e riflessioni più profonde e impegnative.

Alcuni produttori si sono detti molto preoccupati dai nuovi obblighi…
Io penso che il consumo dannoso di alcol debba essere combattuto. Certo, non posso negare né che il vino sia capace di favorire aggregazioni raffinatissime quando gustato nelle giuste dosi e nel piacere della compagnia, né che non faccia parte della nostra cultura e della dieta mediterranea da migliaia di anni (e, per inciso, la nostra dieta è anche Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO!). Tant’è che, se il vino viene consumato con moderazione insieme ai pasti e all’interno di una dieta equilibrata, anche la scienza conferma che non è nocivo.

Quindi è giusto avere delle preoccupazioni in merito ai nuovi obblighi?
In realtà bisognerebbe tenere a mente che il vino – come definito dall’articolo 13 del regio decreto-legge 15 ottobre 1925, n. 2033, convertito dalla legge 18 marzo 1926, n. 562 – e i relativi terreni viticoli fanno parte del patrimonio culturale, gastronomico e paesaggistico tutelato e promosso dallo Stato. Non ritengo quindi che ci sia il rischio che il vino possa perdere il proprio valore. Anzi, con la maggiore trasparenza offerta al consumatore tramite le nuove dichiarazioni in etichetta sarà possibile discernere e selezionare prodotti di eccellenza per un consumo ancora più consapevole.

Il business di Ruffino potrebbe risentire di questa situazione?
Ruffino è un socio di Wine in Moderation (WIM), un’associazione europea con sede a Bruxelles nata nel 2008 per volontà delle principali istituzioni europee del vino al fine di arginare comportamenti dannosi e incoraggiare un consumo responsabile di vino. Si tratta di una tematica particolarmente sentita dall’azienda, tanto che dal 2018 organizziamo iniziative di questo tipo attraverso la piattaforma Ruffino Cares.

Ci fa qualche esempio di iniziativa?
Per esempio, abbiamo promosso una campagna sull’educazione al bere responsabile del vino in diversi istituti superiori fiorentini. Con il Comune di Firenze e il patrocinio della Città metropolitana, poi, ci siamo occupati sia di un piano di comunicazione sulle principali testate toscane sia dell’organizzazione di programmi formativi nelle scuole del territorio per educare i ragazzi che si approcciano al mondo del vino insieme a una nutrizionista e a un esperto WIM. La salute dei giovani e stili di vita sani e corretti sono sicuramente una priorità per noi.

Parliamo di lei. Di avvocati in house nel settore vitivinicolo non ce ne sono molti. Anzi, ce ne sono proprio pochi. Come mai?
Penso si tratti più che altro di una questione culturale e della dimensione delle aziende produttrici, generalmente piccole o piccolissime, motivo per cui preferiscono affidarsi ad associazioni di categoria e a consorzi di tutela delle denominazioni piuttosto che investire su una risorsa legale in house. Le grandi aziende, invece, si sono attrezzate e hanno compreso l’importanza di avere una figura dedicata all’interno della propria organizzazione.

Come mai Ruffino ha deciso di internalizzare le proprie attività legali?
Sono stata io a suggerirlo. Nel 2011, quando sono entrata in azienda, ricoprivo all’inizio il ruolo di supporto all’export date le mie conoscenze di inglese, francese e tedesco. Ma visto che avevo esperienza come avvocato e ricevevo le copie dei contratti di distribuzione internazionale, mi sono chiesta perché non potessi verificare io stessa le condizioni contrattuali in qualità di legale. La nostra capogruppo americana (Constellation Brands, che ha acquisito il gruppo vitivinicolo nel 2011, ndr) era già ben strutturata con un dipartimento legale che contava più di 50 giuristi d’impresa. Quando ho proposto al general counsel negli USA di creare un ufficio legale per Ruffino, mi ha messo alla prova e l’ho superata.

Oltre a lei, chi altro compone la direzione legale interna di Ruffino?
Altre tre persone, tutte donne. Una legal & compliance specialist, una legal & compliance junior specialist e una paralegal.

A quali attività vi dedicate principalmente?
Il nostro ufficio si occupa soprattutto di compliance al D.Lgs 231/2001 – sono infatti anche membro interno dell’organismo di vigilanza di Ruffino – oltre che di privacy, coperture assicurative, enterprise risk management, segreteria societaria, contratti infragruppo, distribuzione internazionale, tutta la contrattualistica in generale e gestione del pre-contenzioso e del contenzioso giudiziale e stragiudiziale. Insieme alla capogruppo, gestiamo la tutela dei nostri marchi, la formazione del personale sulle policy (ad esempio sul codice etico, sulla policy anti-corruzione e sul manuale di prevenzione contro le molestie). Per quanto mi riguarda, inoltre, in qualità di membro del comitato esecutivo posso partecipare attivamente ai processi decisionali di valutazione e sviluppo del business sia alla programmazione delle strategie sul piano imprenditoriale, commerciale, economico e finanziario.

Il gruppo Ruffino ha portato a termine anche diverse acquisizioni nel tempo…
Sì. Quando ho iniziato, il gruppo Ruffino era composto da due aziende, ora sono quattro. Nel 2018 ho seguito l’acquisizione di una società in Veneto, dove attualmente produciamo il nostro Prosecco e Pinot Grigio. Poi nel 2019 abbiamo costituito una nuova società per la distribuzione dei vini della capogruppo in EMEA. A quel punto, la responsabilità dell’ufficio legale si è estesa anche alla compliance delle etichette di tali prodotti e della gestione di tutti i relativi contratti di distribuzione internazionale. Quest’anno, invece, abbiamo acquisito dei terreni in Maremma per la produzione del nostro Bolgheri Superiore.

Legali in house nel settore vitivinicolo

Avevamo già la sensazione che il numero di legali in house nel settore vitivinicolo, pur in un paese come il nostro, noto a livello globale per i suoi vini, fosse particolarmente esiguo. Per esserne certi, abbiamo chiesto a Nicoletta Ravidà, director e head of Southern Europe di Taylor Root, di aiutarci con i numeri. Da una breve ricerca su LinkedIn abbiamo scoperto che:

  1. in Italia ci sono più o meno 13.200 giuristi d’impresa distribuiti in tutte le industrie (di cui spiccano i 3.779 basati nell’area metropolitana di Milano, i 2.496 a Roma, i 536 a Torino, i 439 a Napoli e i 408 a Bologna);
  2. se si considera solo l’industria Wine&Spirits, i numeri cambiano radicalmente: i professionisti in tutto sono 56 (di cui vengono messi in risalto i 17 di Milano, i 4 di Torino, i 4 di Roma, i 4 di Firenze e i 3 di Treviso).

Si tratta di numeri indicativi, visto che si riferiscono solo a quei professionisti che abbiano effettivamente aggiornato la loro pagina Linkedin, ma che tuttavia forniscono un’idea del gap tra i giuristi d’impresa complessivi e quelli specializzati nel settore del vino. A cosa si devono numeri così bassi? Secondo Nicoletta Ravidà […]

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michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

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