Come trasformare gli italiani in smart workers: i consigli di Methods

La pandemia di Coronavirus cambierà per sempre il modo di lavorare. Questa è sicuramente una delle certezze che sta accompagnando questa Fase 2. Infatti, mentre le attività e i vari settori industriali riaprono progressivamente, molte aziende hanno deciso di continuare a far lavorare da casa i dipendenti le cui mansioni lo consentono. E così, dicono gli ultimi dati dell’Osservatorio Smartworking del Politecnico di Milano, gli italiani che lavorano da remoto sono passati dai 500 mila pre-Covid-19 agli 8 milioni di oggi e l’ampliamento delle policy di lavoro da remoto riguarda in questo momento il 93% delle aziende.

«Da qui non si torna indietro» è il commento di Alessio Vaccarezza, CEO di Methodos Italia, società di consulenza specializzata nell’accompagnare le imprese nei processi di change management. «Non si tratta solo della necessità rispondere alle esigenze di distanziamento sociale dovute alla pandemia –continua Vaccarezza–. Ora sono i lavoratori per primi a volere lo smart working: un sondaggio della CGIL ha evidenziato che il 60% vorrebbe proseguire anche dopo l’emergenza.»

Secondo Methods ora è il momento per le aziende di mettere in pratica delle misure che facciano sì che la propria organizzazione e le proprie persone possano cogliere tutti i vantaggi del cambiamento, e in particolare dello smart working. In particolare la società di consulenza – con Giuseppe Geneletti, Head Smart Working di Methodos – suggerisce cinque azioni:

  • Concentrarsi su donne, giovani e lavoratori assunti da poco.
  • Spiegare chiaramente al personale gli obiettivi di performance futura e gli adeguamenti strategici.
  • Continuare a ottimizzare i metodi di collaborazione online
  • Promuovere l’attività fisica e le sane abitudini, anche per chi lavora a distanza.
  • Coltivare la coesione incoraggiando il sostegno reciproco e riconoscendo il valore delle persone.

 

Gennaro Di Vittorio

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