Inhousecommunity.it lo ha chiesto ai lettori tramite un sondaggio condotto
sulla sua pagina LinkedIn, al quale hanno risposto 41 giuristi d’impresa.
I risultati
Il 34% dei votanti ha risposto che lo smart working è una misura da adottare anche in futuro. Per loro non è quindi solo quindi una modalità operativa da confinare alla fase più acuta dell’emergenza sanitaria, ma un esperimento ben riuscito e dunque da riproporre a prescindere dalla pandemia e dal ritorno alla normalità.
Per il 32% degli in house il telelavoro degli ultimi mesi ha reso evidente che occorre investire maggiormente in tecnologia. Un dato che non sorprende considerando che per molte imprese, infatti, la prima vera prova di smart working è stata la risposta obbligata dal coronavirus e dunque la prima vera messa alla prova delle infrastrutture tech adottate.
Il lavoro da remoto ha creato qualche problema al 22% del campione preso in considerazione. In particolare, questa modalità operativa ha complicato il già fragile equilibrio tra la vita lavorativa e quella familiare.
Infine, il 12% del campione ritiene che lo smart working degli ultimi mesi abbia evidenziato la centralità del team building. Parlarsi, sentirsi e aggiornarsi, nonostante si lavorasse da sedi diverse è divenuto per molti forse anche più importante di prima.