Quote di genere: la nuova era dei Cda europei
QUESTO ARTICOLO COMPARE SULL’ULTIMO NUMERO DI MAG. SCARICA QUI LA TUA COPIA GRATUITA
L’Unione europea rafforza il suo impegno verso l’equilibrio di genere. La direttiva 2381 del 2022 sulla parità di genere nei consigli di amministrazione, entrata in vigore alla fine del 2024, stabilisce ora nuovi parametri per la composizione della governance aziendale negli Stati membri. La società quotate dovranno raggiungere il target del 40% del sesso sottorappresentato tra gli amministratori non esecutivi e del 33% tra tutti i componenti del cda entro giugno 2026.
La sfida è chiara: sì, certo, ciò che conta è sempre la qualità e non soltanto la quantità, ma a parità di qualifiche deve essere preferito il candidato del sesso sottorappresentato.
Se fate una breve ricerchina online, per esempio sul sito di Slaughter and May, scoprirete che, nei consigli dell’Unione, le donne occupano in media solo il 34% delle posizioni, con differenze significative tra i paesi. Ma come ha detto Hadja Lahbib, commissaria europea per la preparazione, la gestione delle crisi e l’uguaglianza della Commissione von der Leyen II, queste nuove regole “libereranno l’incredibile potenziale delle donne nel guidare crescita e innovazione”. Speriamo, cara Hadja.
Intanto, sappiamo che l’Italia non ha ancora recepito formalmente questa direttiva, ma solo perché da tempo si ispira già all’antesignana Legge Golfo-Mosca, capostipite di tutte le normative sulla parità di genere e ormai parte integrante dell’alveo, oggi molto ampio, della legislazione di compliance normativa. Di fatto, quello che nel nostro Paese è stato inculcato per legge 13 anni fa, con buona pace dei refrattari alle quote rosa, diventa ora standard europeo, rafforzando un percorso che va in tutt’altra direzione rispetto a quello scelto recentemente dagli Stati Uniti (ne abbiamo parlato qui).
Quello che mi interessava capire, ad ogni modo, è chi possa fare davvero la differenza quando, in azienda, bisogna lasciare spazio alle donne. I general counsel, da un lato, non si limitano più agli aspetti puramente legali, ma assumono spesso anche la responsabilità diretta delle iniziative di D&I, traducendo gli obblighi normativi in strategie aziendali effettive. Gli HR director, dal canto loro, hanno certamente un compito cruciale: non solo selezionano i candidati, ma creano percorsi di crescita professionale che potrebbero permettere anche alle donne di raggiungere posizioni apicali. E gli amministratori delegati? Sono loro che possono accelerare il cambiamento culturale, allocando risorse e stabilendo le priorità che riguardano il capitale umano.
Chi ha veramente un ruolo? Ne parlo in quest’ultimo episodio di Diverso sarà lei con Umberto Simonelli, chief legal & corporate affairs e company secretary di Brembo, azienda quotata che già 12 anni fa si è attivata per rispettare i requisiti della Golfo-Mosca. Buon ascolto!