Pratiche di retention, Tim vince in Cassazione: tutti i legali
Con sentenza pubblicata in data 8 febbraio 2025, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto da Telecom Italia (Tim) contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma che l’aveva condannata a risarcire presunti danni subiti da Postemobile (ora Postepay) a seguito di asserite condotte di retention poste in essere dalla stessa Tim.
Per Tim è sceso in campo il team legale della società, coordinato da Agostino Nuzzolo (in foto), general counsel, legal, regulatory and tax affairs executive vice president e segretario del cda, che ha lavorato con Federica Poggioli, head of legal business support & litigation.
La consulenza esterna
Tim è stata assistita da un team di Cleary Gottlieb guidato da Gianluca Faella e composto da Alice de Gasparre e Margherita Marotta.
La vicenda
Postemobile aveva contestato che Tim avesse utilizzato i dati contenuti nelle richieste di portabilità del numero (c.d. number portability) per contattare i clienti intenzionati a cambiare gestore e trattenerli con offerte migliorative (c.d. retention). La Corte d’Appello aveva ritenuto che, pur avendo considerato non provato l’ammontare del danno, il Tribunale di Roma avesse accertato atti di retention nei confronti di Postemobile, con statuizione passata in giudicato in quanto non impugnata con appello incidentale. Accogliendo le difese di Tim, la Suprema Corte ha escluso che, nel giudizio di primo grado, fosse stato accertato l’an della responsabilità della stessa Tim per le presunte condotte di retention, tantomeno “con statuizione passata in giudicato”. In particolare, la Corte di Cassazione ha osservato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte d’Appello, il Tribunale di Roma aveva ritenuto non provate, neppure in via presuntiva, le asserite condotte di retention nei confronti dei clienti di Postemobile. Dunque, la Corte d’Appello aveva erroneamente reputato “sussistente un giudicato interno in ordine all’an della responsabilità, giudicato invero insussistente”.
La sentenza chiarisce dunque che anche quando l’attore invoca, a sostegno delle sue pretese, decisioni delle autorità amministrative indipendenti riguardanti presunti comportamenti posti in essere sul mercato, è necessario allegare e provare che le condotte contestate abbiano inciso specificamente sulla posizione del preteso danneggiato.