Se “l’attenzione” può fare la differenza…

Si chiama “customer experience” e sebbene possa sembrare l’ennesima diavoleria del marketing riferita solo al largo consumo e al mondo dei servizi retail, è un concetto che in realtà abbraccia diversi ambiti ed è estendibile a tutti i settori. Anche a quello legal. In sostanza, anche i clienti che acquistano un servizio legale, cominciano ad approcciarsi a quanto viene offerto loro come si fa a un’esperienza. E come tale la giudicano.

Lo dimostra il report “First Impressions Convert: Increasing Law Firm Profitability From the First Touch-point” pubblicato nei giorni scorsi dalla client experience company Cxinlaw in collaborazione con la Australasian Legal Practice Management Association (ALPMA). I due istituti hanno condotto una ricerca sulla soddisfazione degli in house counsel, utilizzando le tecniche di mistery shopping, quelle che si impiegano solitamente nel comparto retail, per indagare sulle loro impressioni a seguito delle prime interazioni con gli studi legali. Le interviste hanno coinvolto giuristi di 50 piccole e medie imprese.

Il 75% dei rispondenti si è dimostrato insoddisfatto dei primi scambi avuti con uno studio legale perché, dopo aver ricevuto un pitch, non ha avuto nessuna “attenzione” da parte della firm. Né una telefonata o un email di ringraziamento per essere stati inseriti nel beauty contest. O per ricapitolare quando offerto. O per accertarsi che fosse tutto chiaro. Nel 58% dei casi questo ha spinto gli in house a rivolgersi ad altri consulenti.

In un mercato legale sempre più competitivo trovare un elemento differenziale distintivo è fondamentale, soprattutto se non si vuole contribuire al trend di contrazione delle tariffe. E se questo plus fosse proprio l’attenzione al cliente?

Gennaro Di Vittorio

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