Come immaginare il futuro nel tempo dell’isolamento

di alessio foderi

 

Appassionato di tecnologia e disruption, Guenther Dobrauz è sicuramente la persona giusta nel momento giusto, se si vuole capire che direzione prenderà il mondo legale dopo la pandemia. Infatti, oltre ai suoi ruoli in Svizzera, è anche uno dei sette membri del Global Leadership Team di PwC e Leader Global Legal Tech di PwC Legal. Il Covid-19 è contemporaneamente un terreno di sfida e opportunità per capire come l’umano e il digitale interagiscono fra loro e come possono progredire nel contesto legale. Se è vero che il passaggio allo smart working, la creazione di nuove abitudini sociali, la gestione degli spazi virtuali sono i principali cambiamenti di oggi, altre tecnologie di infrastruttura sono, però, proprio dietro l’angolo.

 

Dal punto di vista tecnologico, come vede lo scenario post-Covid?

Penso che anche quelli che non erano in origine entusiasti verso la tecnologia abbiano ora capito i suoi vantaggi. Questa è un’esperienza che consente a tutti di toccare con mano. C’è stato un passaggio collettivo alle video-chat e agli strumenti di collaborazione online. Prima, per esempio, c’era ancora qualcuno che ancora inviava le revisioni in pdf. Adesso molte persone stanno di fatto collaborando online e vedendo in tempo reale le modifiche fatte da ognuno all’interno dei documenti. Non è cosa da poco visto che, al momento, è necessario lavorare su un numero enorme di file. Penso che l’adozione, la familiarità e la fiducia nella tecnologia abbiano subito un enorme impulso. Le persone non torneranno indietro anche una volta finita questa esperienza.

 

Quali saranno quindi le soluzioni LegalTech di domani?

(ride) Le domande sul futuro sono sempre difficili… Provo a condividere la mia prospettiva: direi che ci saranno delle tecnologie di infrastruttura che tutti pian piano useranno. Con questo intendo strumenti che ci consentono di collaborare e coinvolgerci. La collaborazione sarà fondamentale e l’uso della tecnologia è essenziale in quest’ottica. Inoltre, ci saranno strumenti più sofisticati, basati sull’intelligenza artificiale e altri che ci porteranno all’automazione dei documenti. Ecco, credo che questo genere di cose avrà un enorme incremento.

 

Qual è la tua definizione personale di disruption?

È una di quelle parole che piace a tutti, suona bene, ma il cui significato non è chiaro ai più. Nel campo legale non ci sarà disruption ma bensì un’evoluzione. Questo perché la miccia della disruption è la creazione di quello che si chiama nuovo design dominante. Ecco, nella sfera legale il design dominante non è la tecnologia. Sa, si possono avere i migliori computer o i migliori strumenti di intelligenza artificiale, ma se questi non possono essere ammessi in un’aula di tribunale… C’è tutta una regolamentazione che di fatto protegge gli intralci e in un ambiente come questo gli ostacoli hanno la meglio.

 

E quindi, cosa si può fare?

Personalmente penso che l’iper-evoluzione sia una cosa migliore: la tecnologia ci consentirà di fare molto di più e ancora meglio per i nostri clienti. Ma, come diceva mio nonno, capisci chi è un vero avvocato quando ti mette le braccia sulla spalla, ti guarda negli occhi e dice che andrà tutto bene. Molte attività svolte dagli studi legali non rientrano però in questa categoria e quindi i cambiamenti potrebbero comparire davvero rapidamente. Solo quando cambierà la regolamentazione ci sarà un vero elemento di disruption. Il fattore scatenante potrebbe essere l’accesso a considerazioni giuridiche.

 

Cioè?

Per esempio, nel momento in cui la normativa affermerà che per divorziare – in situazioni di accordo, mancanza di beni e nessuna necessità di prendersi cura dei bambini – non è più necessario coinvolgere un avvocato o addirittura un tribunale, ma è possibile procedere con il protocollo automatizzato online. In questo caso, BigTech o Tech start-up potrebbero prendersi questo spazio. Fino ad allora, però, ci sarà sempre bisogno di un avvocato, un tribunale, un giudice e le cose non cambieranno. Quindi, devono essere modificate le normative e, così facendo, cambierà anche il nostro modo di lavorare.

 

Questo potrebbe spaventare molti …

Beh, è come internet. Mi ricordo che quando ho iniziato a lavorare come avvocato tirocinante c’era una grande discussione sul fatto di utilizzare o meno la posta elettronica. Oggi nessun avvocato può stare senza e-mail. Questo è il motivo per cui, riprendendo la domanda di prima, non credo che stiamo affrontando una disruption, ma piuttosto un’evoluzione alimentata dalla tecnologia esponenziale e dall’innovazione. Per una disruption totale avremmo prima bisogno di cambiare l’intero quadro normativo.

 

Ma i protagonisti del mondo legale come si posizionano verso la tecnologia?

Secondo me il mondo legale è molto diviso in questo momento. Un piccolo gruppo di player la adotta totalmente, alcuni sono più convinti e altri devono diventare più efficienti per ridurre i costi. Il resto, invece, si è seduto, in attesa, e osserva la situazione. Il che a mio parere è pur sempre un approccio giusto, in quanto non c’è ancora un design dominante. Naturalmente, avere un background tecnologico, come nel caso dei fornitori di servizi legali alternativi, aumenta anche la concorrenza. Tuttavia, per il mainstream penso ci sia bisogno di più soluzioni tecnologiche disponibili a prezzi più convenienti.

SU MAG L’INTERVISTA COMPLETA

Gennaro Di Vittorio

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