Il paracadute bucato

Il giorno 24 giugno abbiamo pubblicato sulla nostra newsletter un editoriale dal titolo “Studio, Cliente e le 49 sfumature di grigio”. Oggi abbiamo ricevuto una gradita replica da parte di Massimo Mantovani (in foto), direttore legale di Eni. Gradita nel merito e nell’articolazione dei concetti, e nel metodo, perchè solo dal dibattito e dal confronto nascono le idee. Ringraziamo Mantovani per il contributo che pubblichiamo integralmente restando aperti ad ogni altro spunto che possa apportare valore aggiunto al percorso dialettico appena iniziato.

“Il paracadute bucato. 

Ho letto il suo interessante articolo intitolato “Studio, Cliente e le 49 sfumature di grigio”. Un’utile provocazione e uno spunto per una riflessione sui legali d’azienda in Italia e sui loro rapporti con gli studi legali esterni che spero voglia condividere con i suoi lettori.

Un direttore legale che nel dare lavoro ad un grosso studio legale professionale esterno si illude di costruirsi, come lei stesso lo definisce, un “paracadute” per il futuro dimostra una visione ingenua, miope e certamente riduttiva del proprio ruolo. Se questo fosse lo scopo, quanto resisterebbe nello studio? Che reputazione avrebbe anche solo per la presunta capacità di “attrarre” clienti? La qualità professionale delle persone sarebbe comunque nota ai colleghi rimasti in azienda! E’ decisamente meglio puntare sulle proprie capacità e sulla propria esperienza professionale nonché sulla reputazione di saper essere un buon legale (a prescindere dal fatto che si eserciti in azienda o meno).

All’inizio della mia carriera come direttore legale fui invitato con un collega, anche lui direttore legale di altra multinazionale, ad un vistoso evento mondano a Roma organizzato da un noto studio legale. Ad entrambi fu riservato un trattamento da Re! Ricordo la frase che il mio collega mi disse uscendo la sera tardi: “Massimo, qui prima non ci facevano entrare e dopo non ci faranno entrare comunque!”. Tale sensazione è rimasta negli anni (a parte qualche sporadico piacevole rapporto di amicizia personale costruita con alcuni legali esterni). Del resto è un rapporto professionale ed è giusto che rimanga tale.

Sono passati tanti anni e l’atteggiamento cinico dello studio professionale esterno, che certo non nutre alcun senso di gratitudine personale verso un ex direttore legale, è rimasto inalterato. Ciò che è cambiato è il mondo del legale d’impresa. Le funzioni legali interne in italia sono cresciute, si sono rese indipendenti per molti aspetti e si sono certamente affrancate da quella dipendenza dal supporto esterno tipica di un tempo ormai passato. Certo non del tutto, in Italia ancora oggi abbiamo due distinte categorie di legali d’impresa. Le funzioni legali interne forti, autonome e di ottima reputazione anche a livello internazionale, che riescono ad attrarre anche professionisti da studi esterni senior o partner (fenomeno tipico nel mondo anglosassone) e le funzioni legali minori affidate a legali d’azienda che cercano di “galleggiare” e sostanzialmente fungono da conduit con “gli” o, ancora peggio, con “lo” studio esterno che assiste l’azienda.

Cambieranno anche questi ultimi. Occorre tempo e probabilmente anche il sostegno, la maturazione e la crescita del cosiddetto business management che per primo deve evolversi ed essere capace di apprezzare il valore aggiunto di una funzione legale interna forte, autonoma e robusta rispetto a quello esclusivo di uno studio professionale esterno.

I legali d’azienda oggi pertanto ben possono legittimamente pianificare un’evoluzione della propria esperienza professionale nel mondo della libera professione, anzi è normale che sia uno possibile sviluppo per qualsiasi legale d’azienda. Del resto molti legali d’azienda sono oggi partner importanti (ormai da anni) in studi professionali quali: Bonelli Erede, Jones Day, Paul Hastings, Freshfields, ecc e certamente non ricoprono quel ruolo come “paracadute” rispetto al loro precedente ruolo di legale d’azienda. Infine sul tema del perché un legale d’impresa debba scegliere uno studio grande o uno piccolo, la risposta non è per nulla semplice. Dipende da molteplici fattori da considerare caso per caso. Ma non è questo l’aspetto che intendevo puntualizzare oggi.”

Gennaro Di Vittorio

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