Giurista d’impresa: ecco i primi tre certificati da AIGI

E ora si lavora al progetto di legge per il riconoscimento definitivo di questa figura professionale

di michela cannovale

(questo articolo è uscito nell’ultimo numero di MAG)

Una certificazione professionale per il giurista d’impresa? Abbiamo i primi tre certificati. L’iniziativa, ideata da AIGI (Associazione Italiana Giuristi d’Impresa) per formare e valorizzare la figura del legale in house e presentata ufficialmente durante il convegno “Un giurista d’impresa certificato 4.0” di giugno 2022, è stata portata avanti in collaborazione con Kiwa, l’ente certificatore, e da LHH, la società di head hunting parte del gruppo Adecco, già Badenoch + Clark. Dopo un rodaggio durato circa due anni, lo scorso 26 gennaio ecco il primo traguardo: una sessione d’esame – la prima in assoluto per la professione del legale in house in Italia – che ha conferito la certificazione professionale a tre giuristi. Sono Luca Rossi, responsabile affari legali e societari di OPPO Italia, Jacopo Busnach Ravenna, legal manager di McDonald’s, ed Elena Culot, responsabile ufficio legale e gare di Tesi, elettronica e sistemi informativi.

L’obiettivo del progetto non è solo quello di diventare un punto di riferimento per il mondo dei giuristi d’impresa a livello globale, ma anche, e soprattutto, di arrivare dove legislatore e istituzioni professionali non arrivano. La categoria del legale in house, infatti, non aveva ancora – fino ad oggi, perlomeno – un riconoscimento formale al pari degli avvocati del libero foro. Tanto che, come ribadito dal Consiglio nazionale forense nel 2020, non possono essere considerati avvocati e il loro nome deve essere cancellato dall’albo.

«Permettetemi di dire – ha dichiarato in un video postato sul suo profilo LinkedIn Giuseppe Catalano, presidente di AIGI – che questo progetto, partito quasi in sordina alla fine del 2019, è stato portato avanti con grande impegno dall’Associazione, grazie soprattutto al lavoro del cantiere certificazione guidato da Giorgio Martellino e Adriano Peloso. E che, come associazione, stiamo lavorando molto intensamente a un disegno di legge per il riconoscimento della nostra figura».

MAG ha sentito Giorgio Martellino e Adriano Peloso, rispettivamente vicepresidente di AIGI, nonché general counsel di Avio, e membro del comitato direttivo dell’Associazione, oltre che general counsel per l’Italia di Dedalus. E ha sentito anche i tre giuristi che hanno ottenuto la certificazione.

Ecco cosa abbiamo scoperto.

Le basi: i requisiti per accedere all’esame

Per accedere all’esame è necessario dimostrare di avere una serie di requisiti. Già in fase di application, infatti, il candidato deve dare prova di aver svolto un certo numero di esperienze professionali, di avere un titolo abilitativo, una laurea in giurisprudenza (o equivalente) e altri ed eventuali elementi valutati dalla commissione giudicatrice.

Una volta che si accede all’esame

Come ha spiegato Martellino, «l’esame verte innanzitutto su tre diverse prove scritte, una per ogni livello di anzianità dell’esaminando. C’è quindi una prova dedicata ai legali in house junior, una per i middle ed una per i senior (per il momento non è previsto invece l’ottenimento della certificazione per chi attualmente ricopre il ruolo di general counsel). Le domande del test sono 30, tutte a risposta multipla, e cercano di abbracciare in maniera trasversale le varie materie che riguardano l’attività professionale e le competenze tecniche del giurista d’impresa».

Non è detto, tuttavia, che tutti superino la prova scritta a pieni voti. Ecco perché viene concessa una seconda chance a chi non ottiene il massimo dei punti: «un esame orale che verte esattamente su quelle domande a cui non si è risposto correttamente».

«Dopodiché, per tutti, una valutazione delle soft skills», come la capacità di lavorare in team, la creatività, la predisposizione alla leadership, l’attitudine alla comunicazione e alla cooperazione con colleghi che non facciano necessariamente parte della direzione legale in house. «La parte delle soft skills, nello specifico, viene esaminata da LHH attraverso una simulazione di casi aziendali tipici. Gli esaminandi devono spiegare come si comporterebbero, caso per caso». Anche qui c’è una soglia minima di risposte corrette da raggiungere. Il punteggio ottenuto, sommato a quello della parte scritta (ed eventualmente orale), porta alla certificazione finale.  

La certificazione dura tre anni. E poi?

La certificazione non si ottiene una sola volta nella vita. AIGI prevede infatti che i legali in house debbano sottoporsi all’esame ogni tre anni. Nella pausa triennale tra un “tagliando” e l’altro, intanto, è obbligatorio seguire corsi di aggiornamento ed eventi di formazione al fine di mantenere viva la memoria e, soprattutto, rimanere al passo con i tempi. «Una sorta di bollino di qualità – ha commentato Martellino – che deve essere garantito nel corso del triennio. E quando, dopo tre anni, si ripete l’esame, non necessariamente questo corrisponde a un livello di seniority superiore, che dipende unicamente dal numero di anni di servizio dell’esaminando».

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michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

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