Dentro le pagine di “Parità di genere e professioni legali. Una lunga storia”
Molti di voi avranno visto “La legge di Lidia Poët”. Se questa serie tv ha un merito, è certamente quello di averci aiutato a capire come quella legale sia una professione che si è sempre più femminilizzata nel tempo. La storia in breve: Lidia si laurea in Giurisprudenza nel 1881; svolge la sua pratica in uno studio legale di Pinerolo e poi, nel 1883, supera l’esame di abilitazione alla pratica forense (pensando, evidentemente, di poter fare quello che vuole). Pochi giorni dopo, il procuratore generale del Regno decide di impugnare la sua abilitazione e di metterne in dubbio la legittimità davanti alla Corte d’Appello di Torino. Il procuratore, secondo il giudice, ha ragione: il nome di Lidia viene cancellato dall’albo. Come si legge nella motivazione ufficiale, “nella razza umana esistono diversità e disuguaglianze naturali […] e dunque non si può chiedere al legislatore di rimuovere anche le differenze naturali insite nel genere umano”.
Che ci vuoi fare, cara Lidia, mica puoi credere davvero di poterti comportare come un uomo! Sei donna, continua il giudice, e in quanto tale “è inopportuno che tu converga nello strepitio dei pubblici giudizi”, magari discutendo di argomenti imbarazzanti per “fanciulle oneste”.
E neanche puoi pretendere di indossare a tutti i costi la toga suoi tuoi abiti da femminuccia, anche perché rischieresti di indurre i giudici a favorire una “avvocata leggiadra”. E sia. Lidia non può esercitare a pieno titolo la sua professione fino al 1919, alla soglia dei 65 anni, quando con la legge n. 1179 del 17 luglio 1919 viene abolita l’autorizzazione maritale e le donne – lei per prima, nel nostro Paese – vengono finalmente autorizzate a entrare nei pubblici uffici (certo, tranne che nella magistratura, nella politica e in tutti i ruoli militari).
Sebbene la crescita delle donne nell’avvocatura sia stata da allora graduale e costante, arrivando oggi a rappresentare il 47,7% degli iscritti all’albo, ad una parità numerica non corrisponde ancora una parità sostanziale. A parlarne con me ai microfoni di Diverso sarà lei ho invitato questa volta Raffaella Bianchi Riva (in foto a sinistra) e Chiara Spaccapelo (in foto a destra), rispettivamente professoressa associata di Storia del diritto all’Università degli Studi di Milano e ricercatrice di Diritto processuale civile all’Università di Modena e Reggio Emilia. Entrambe ex avvocate, a ottobre hanno pubblicato il volume “Parità di genere e professioni legali. Una lunga storia”. Buon ascolto a tutti!