Chi ha paura della mediazione?

Chi la pratica la considera un’arte sottile. Una tecnica che ha poco a che fare con i codici, le carte e i cavilli che riempiono la vita degli avvocati. «La mediazione è fatta di strategia e di tanto spirito pratico», dice Stefano Azzali (nella foto), avvocato e segretario generale della Camera Arbitrale di Milano, ente che si occupa di mediazione dal 1996. «Dal 20 settembre 2013 al 20 marzo 2015 abbiamo seguito 1.242 procedimenti e presso di noi operano circa 60 mediatori», ricorda il segretario generale che continua: «La mediazione è uno strumento giuridico per risolvere le controversie senza andare in giudizio. Un modo cioè per risparmiare tempo, denaro e mantenere i rapporti commerciali. Una cosa da non sottovalutare in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo».

Tuttavia, la mediazione è ancora oggi uno strumento a cui i team legali delle aziende italiane ricorrono poco. «La mediazione volontaria – che costituisce circa il 38% del totale dei casi che trattiamo – ha una percentuale di successo del 20%, mentre quella obbligatoria si aggira intorno al 15%. Bisogna, però, precisare che questa percentuale si riferisce al 50% dei casi perché l’altra metà va deserta», spiega Azzali. A incidere su questi numeri è spesso la disposizione d’animo delle parti, ricorda Azzali: «Se arrivano già demotivati, senza alcuna fiducia nel fatto che si riuscirà a risolvere la controversia, allora mediare diventa davvero complicato», chiarisce l’avvocato. E la situazione peggiora ulteriormente se alla sfiducia si aggiungono i pregiudizi come quelli di chi la considera «un’ulteriore perdita di tempo».

«Una vera assurdità», replica Azzali che ha discusso del tema con Mag. «Al massimo si perdono 54 giorni: il tempo medio di gestione di una controversia presso la Camera di Milano. In realtà però il primo incontro si svolge entro 30 giorni o poco più dal deposito della richiesta di una parte, mentre la durata complessiva la decidono le parti (il termine di 90 giorni previsto dalla legge è infatti nella loro disponibilità). Una goccia nel mare rispetto ai tempi medi di una causa in Tribunale».

Perché ancora così pochi dipartimenti legali ricorrono alla mediazione per risolvere le controversie?

Il motivo è che purtroppo ancora oggi non c’è una grande conoscenza di questo strumento e quando non si conoscono le cose si finisce spesso per diffidarne.

Che cosa contribuisce, secondo lei, ad alimentare la riluttanza delle aziende verso questo strumento?

Secondo me incide molto il fatto che la mediazione implica una forte assunzione di responsabilità da parte dell’azienda e del suo consiglio di amministrazione.

Che cosa intende?

Intendo dire che ci sono alcune realtà aziendali in cui i membri del cda sembrano molto attenti a non esporsi – assumendosi la responsabilità di proporre una mediazione – e poco interessati all’esito della controversia. Esito che, se negativo, può sempre essere imputato ai propri difensori, a un errore del giudice etc.

PER CONTINUARE A LEGGERE L’ARTICOLO CLICCA QUI E SCARICA IL NUOVO MAG by LEGALCOMMUNITY.IT – È GRATIS

 

Gennaro Di Vittorio

SHARE