Legal privilege: la rivincita dei juristes d’entreprise in Francia
Catalano, presidente Aigi: «Ma le cose stanno cominciando a cambiare anche in Italia. L’Associazione invierà una proposta di legge nelle prossime settimane»
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Il legal privilege è appena diventato realtà anche per i giuristi d’impresa francesi. Proprio nel MAG uscito lo scorso 26 giugno, parlando di quello che abbiamo soprannominato “paradosso italiano del legal privilege”, menzionavamo una recente apertura da parte della Cour de Cassation francese, che aveva da poco riconosciuto il diritto alla riservatezza nella corrispondenza aziendale prodotta da un gruppo di avvocati in house in riferimento ad attività di audit.
Ci sono voluti solo pochi giorni perché quell’apertura raggiungesse l’Assemblea Nazionale, il Parlamento d’Oltralpe, e venisse inclusa nell’articolo 19 del disegno di legge d’orientation et de programmation du ministère de la Justice 2023-2027 (o semplicemente: “Projet de loi Justice”). Il 10 luglio, con grande gioia dei juristes d’entreprise di tutta Francia, il ministro della Giustizia Éric Dupond-Moretti ha annunciato che l’emendamento presentato dal presidente del gruppo centriste Hervé Marseille per il riconoscimento della riservatezza dei pareri e delle consulenze dei legali in house, ratificato già a giugno dal Senato, sarebbe stato inserito nell’articolo 58-1 della legge n. 71-1130 del 31 dicembre 1971 dopo il sì dei deputati. «L’assenza di segretezza nuoce all’attrattività della Francia. Ecco perché molti uffici legali scelgono di stabilirsi nei paesi anglosassoni e in Belgio, dove godono del privilegio legale», ha fatto presente il ministro durante il suo annuncio.
Il testo approvato, frutto di un lavoro durato mesi e portato avanti dai legali in house dell’Association Française des Juristes d’Entreprise (AFJE) e del Cercle Montesquieu, dalla Cancelleria e da alcuni avvocati, stabilisce un principio generale fondamentale per la professione: “La consulenza legale fornita e redatta da un giurista d’impresa o, su sua richiesta e sotto la sua supervisione, da un membro del suo team posto sotto la sua autorità, è riservata”.
La nuova legge – che entrerà in vigore solo dopo essere ritornata in Parlamento ad ottobre e che riguarderà, se confermata, tutti e 20mila i juristes d’entreprise di Francia – è stata salutata dalle associazioni di categoria come «una svolta storica che conferma l’importanza del diritto nelle imprese e di chi lo esercita» e che «si inserisce in una visione moderna ed equilibrata del nostro Stato di diritto, volta a una migliore tutela degli interessi economici e a un maggiore rispetto delle norme etiche e giuridiche».
«Finalmente anche i legali in house potranno esprimere il loro giudizio giuridico senza correre il rischio di un’autoincriminazione per la società in cui lavorano. È una grande occasione per portare avanti senza paure le strategie di business aziendali e per aumentare l’attrattività del sistema legale ed economico francese. La Francia sarà sullo stesso piano di altre nazioni in cui il legal privilege è riconosciuto a tutte le professioni legali. Sarà un paese in cui le aziende vorranno insediarsi perché sapranno di poter contare su una tutela giuridica» ha spiegato, interpellata da MAG, Stephanie Fougou, presidente onoraria dell’AFJE e general counsel e board secretary di Technicolor Creative Studios.

Legal privilege sì, ma non per tutte le cause
La riservatezza dei pareri legali votata il 10 luglio è soggetta ad alcune condizioni. La consulenza, innanzitutto, deve essere fornita da un avvocato interno che sia in possesso di una laurea magistrale in Giurisprudenza o di un titolo equivalente francese o straniero. Lo stesso avvocato deve aver seguito dei corsi di formazione iniziale e continua in materia etica.
Del legal privilege, inoltre, si potrà godere solo nell’ambito di cause civili, commerciali o amministrative, mentre rimangono escluse le questioni penali e fiscali. In altre parole: se fino ad oggi le autorità avevano accesso, in occasione dei loro controlli o delle loro indagini, a tutte le consulenze scritte dai legali all’interno dell’azienda, con la nuova legge potranno accedere unicamente ai documenti che riguardano procedimenti tributari e di white collar crime. «Ma per il momento ci accontentiamo, è pur sempre un passo avanti», ha commentato Fougou.
Una battaglia trentennale
È ancora Fougou ad aver spiegato a MAG che l’approvazione del legal privilege per gli avvocati interni è il risultato di una lunga battaglia. Una battaglia durata quasi trent’anni. «Erano gli anni ’90 quando le associazioni dei giuristi d’impresa hanno iniziato la loro lotta per il riconoscimento della professione. Ad esempio, l’AFJE ha sempre collaborato con i rappresentanti di tutte le professioni legali e insieme hanno dato vita ad occasioni di incontro come Le Grenelle du droit, conferenza che dal 2016 riunisce una volta all’anno tutti gli avvocati interni ed esterni, o come i campus di formazione per i giuristi d’impresa».
«Sempre l’AFJE ha tentato di lavorare in stretta consultazione con la politica», ha proseguito Fougou, sottolineando che proprio il presidente Emmanuel Macron ha svolto un ruolo importante nel riconoscimento del legal privilege in azienda. E infatti: «Nel 2015, quando era ancora ministro dell’Economia, Macron ha presentato un progetto di legge volto a porre fine alla segmentazione delle attività commerciali. Il testo conteneva anche un approfondimento per superare una volta per tutte la divisione tra legali interni ed esterni, portando in Parlamento un articolo sull’importanza della riservatezza della consulenza offerta da tutti gli avvocati, compresi gli in house. Non era mai successo prima».
E in Italia?
La tutela del segreto professionale è un diritto di cui godono ormai sempre più giuristi d’impresa a livello internazionale. In Italia rimane invece ancora un miraggio per chi lavora in house. La domanda sorge spontanea: che cosa manca nel nostro Paese che ha invece permesso alla Francia di trasformare il legal privilege in legge? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Catalano, presidente di Aigi (Associazione italiana giuristi d’impresa) e company secretary and head of coporate affairs di Assicurazioni Generali.

«Fino a oggi non c’è stato il riconoscimento perché il diritto al segreto professionale è garantito solo agli avvocati iscritti all’albo e, com’è noto, i legali d’impresa, almeno quelli delle imprese private, non possono essere iscritti anche se hanno passato l’esame. Più di dieci anni fa, Aigi ha sottoposto la questione alle diverse istituzioni, ma con un successo solo parziale: molte delle nostre istanze non sono state comprese né a livello politico né, probabilmente, da parte dei colleghi del libero foro. Oggi sembra che le cose stiano cambiando: la politica pare più attenta alla figura del legale d’impresa perché forse si rende conto che è un tema che riguarda la competitività economica ed il benessere del Paese, e non più solo i diritti e doveri di singoli professionisti. Diciamolo forte e chiaro: qualunque multinazionale sarebbe più propensa a basare il proprio ufficio legale in paesi dove la tutela del segreto professionale esiste già. Quindi, per il momento, non in Italia. Allo stesso tempo, e per il medesimo motivo, anche da parte degli ordini di avvocati scorgo più volontà a guardare ai legali d’impresa non più come dei “concorrenti”. Ecco perché ci sentiamo un po’ più forti nel presentare al Parlamento la proposta di legge che riconosce anche ai giuristi d’impresa diritti similari a quelli di cui già godono gli avvocati del libero foro, compreso il diritto alla confidenzialità delle opinioni del legale nella corrispondenza aziendale. Aigi invierà la proposta nelle prossime settimane».
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