La parola d’ordine per il general counsel? Diversificazione

MAG incontra Giovanni Lombardi, numero uno della direzione legale di illimity Bank: «No alla consulenza one-stop shop»

di michela cannovale

Il team legale di illimity Bank, istituto di credito nato nel 2018 a seguito dell’unione fra Spaxs e Banca Interprovinciale, continua a svilupparsi, anche a quattro anni dalla sua fondazione, seguendo canoni diversi da quelli tradizionali e lasciando ampio spazio alle singole competenze dei suoi membri, che non necessariamente provengono dall’ambito bancario. Tre le aree di operatività della squadra: corporate governance, legal e special projects, legal operations e general affairs. La consulenza legale esterna al gruppo rimane imprescindibile, ma si fonda su un principio fondamentale: la diversificazione. Solo così, infatti, è possibile accrescere il know how interno. Che cosa significa? MAG ne ha parlato con Giovanni Lombardi, dal 2018 general counsel e segretario del consiglio di amministrazione di illimity, oltre che direttore generale di Fondazione illimity.

Il gruppo di illimity Bank è cresciuto molto e in poco tempo. Quali sono stati gli impatti sul suo team legale interno?

È vero, il gruppo bancario ha subito una crescita esponenziale negli ultimi anni: quando sono entrato, nel 2018, le risorse totali erano meno di 50, mentre oggi siamo in oltre 900. In seguito all’aumento dei volumi di business e alla quotazione in Borsa della banca, d’altronde, il gruppo ha intrapreso un percorso di continua innovazione anche sugli ambiti della corporate governance. Quest’anno, infatti, siamo passati ad un nuovo modello a sistema monistico, il che vuol dire che abbiamo un unico organo amministrativo che si occupa sia dell’amministrazione che del controllo del gruppo. Questo si porta dietro una complessità organizzativa che deve essere gestita, con conseguenze dirette sui numeri e i compiti sul team legale. In due anni, la squadra in house è passata da sei a nove risorse. E da settembre di quest’anno abbiamo formalizzato la creazione delle tre aree di operatività, e cioè: corporate governance, legal e special projects, legal operations e general affairs.

Una divisione legale apparentemente ordinaria, composta da un responsabile, da una struttura sottostante e da una specializzazione per ogni area. Eppure, il team che dirige rimane un unicum. In che senso?

Nel senso che ciò su cui ho cercato di fare leva ogni volta che ho selezionato una nuova risorsa è stata la diversificazione della provenienza. Nella squadra in house di illimity c’è chi ha fatto esperienza in uno studio legale e poi ha preferito trasferirsi qui, chi è arrivato subito dopo l’università, chi ha scelto un percorso in economia e commercio e poi si è specializzato in governance, chi ha fondato una start up negli Stati Uniti e poi ha deciso di fare il legale in azienda.

Diversificazione ma anche contaminazione, dunque?

Certamente. E infatti ci teniamo molto a far lavorare i colleghi su tanti progetti diversi. Tanto che abbiamo attivato i cosiddetti “Erasmus interni”, che permettono a chi è specializzato in una certa area di fare un’esperienza di quattro mesi in un’area diversa.

Per esempio?

Per esempio, una collega che da un anno e mezzo lavora nella divisione di governance, la prossima settimana verrà trasferita nella divisione di business, dove rimarrà appunto per quattro mesi. Meno di quattro non ha senso: non ci sarebbe il tempo di imparare.

E se dovesse esserci bisogno proprio di quella collega che è impegnata nell’Erasmus?

Allora, come è già successo, attiviamo delle collaborazioni a tempo determinato con degli studi esterni.  

Quindi la consulenza legale esterna, per illimity, è sempre imprescindibile…

Non potremmo non appoggiarci sui consulenti legali esterni. Tuttavia, cerchiamo di farlo in maniera efficiente, non solo facendo attenzione ai costi, che è un elemento sempre importante, ma anche evitando di rimanere concentrati sui singoli studi professionali. Diciamo che non ci piace il concetto di consulenza one-stop shop

Cioè?

Cerchiamo cioè di evitare di rimanere legati ad un unico studio legale e di utilizzare tutti i servizi che offre. Il rischio, se facessimo così, sarebbe di restare imprigionati in specifiche realtà professionali e nelle loro prestazioni.

E quali sarebbero gli svantaggi?

Uno è sicuramente quello di perdere la diversità, cioè la possibilità di avere a che fare con competenze diverse. Per quanto mi riguarda, il fornitore di servizi legali non è diverso da un fornitore di altre attività. E rimanere prigionieri dello stesso fornitore, alla fine, porta ad avere sempre lo stesso tipo di servizio o di prodotto. Nel nostro caso, sempre lo stesso tipo di soluzione legale.

Allora quali sono i vantaggi nello scegliere ogni volta uno studio diverso?

I vantaggi sono sicuramente quelli di avere più input: una consulenza legale esterna diversificata permette non solo di migliorare la qualità del lavoro finale, ma anche di arricchire le professionalità del team in house. In poche parole: ritengo che la consulenza legale consenta non solo di ottenere il servizio che cerchiamo per la realizzazione di una specifica operazione, ma anche di interfacciarci con conoscenze esterne che trasferiscano internamente un ulteriore know-how. Poi è chiaro che alcuni tipi di know-how siano più aderenti ai nostri valori e altri meno, ma questo è il nostro approccio verso l’esterno.

Questo articolo è uscito nel nuovo numero di MAG. Per terminare la lettura CLICCA QUI e SCARICA LA TUA COPIA

michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

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