I guardiani del giornalismo: i giuristi d’impresa e l’informazione

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«Quando la stampa è libera e ogni uomo in grado di leggere, tutto è sicuro», diceva Thomas Jefferson. I giornalisti hanno la responsabilità di dire la verità e di informare il mondo in tempo reale sugli eventi importanti dell’attualità. Guardando agli ultimi anni, non c’è periodo più impegnativo di questo, segnato dalla guerra in Ucraina. Nel pomeriggio del 14 giugno 2022, in occasione della Legalcommunity week, Luca Arnaboldi, senior partner dello studio legale Carnelutti, ha moderato la tavola rotonda: “The storytelling of war and the new world order” (Lo storytelling della guerra e il nuovo ordine mondiale, ndr, con gli interventi di Gill Phillips, David Vigilante, Fabio Bertoni, Marcello Dolores e Nicola Di Molfetta). Il dibattito ha riunito i giuristi d’impresa di alcuni tra i più importanti e influenti gruppi editoriali al mondo. Il confronto si è incentrato sull’uso legittimo dell’informazione, sui diritti dei media e su quanto sia stato impegnativo per gli avvocati in house garantire la sicurezza dei giornalisti e, al contempo, proteggere l’integrità dei contenuti.

LIBERTÀ DI STAMPA

Gill Phillips, director of Editorial Legal Services di Guardian News & Media Limited, gestisce un team di cinque giuristi d’impresa. La squadra si occupa delle questioni legali relative ai contenuti cartacei e digitali del Guardian e dell’Observer. Phillips ha raccontato di lavorare all’interno dell’azienda dal 2009, periodo che ha coinciso con la “belle epoque” del giornale, ovvero gli anni dei grandi scoop su WikiLeaks ed Edward Snowden. Phillips ha confermato che, nonostante le pressioni politiche, il Guardian gode di un modello di proprietà unico nel panorama dei media. Il riferimento è a The Scott Trust Limited, la società britannica che possiede il Guardian Media Group. La stessa esistenza di questa società è, spiega, probabilmente un promemoria quotidiano del fatto che il team del Guardian non lavora per soddisfare gli interessi di un facoltoso proprietario. «Al vertice c’è un trust senza proprietari, che non interferisce sul piano dei contenuti. Il direttore è indipendente e questo ci ha resi un marchio». Phillips ha inoltre commentato le difficoltà legate alla scelta di rimanere finanziariamente indipendenti: «Google si prende una grossa fetta delle entrate, quindi dal punto di vista finanziario è dura. Ma veniamo finanziati dai lettori, che ci sostengono molto, e riscontriamo un grande successo. L’anno scorso abbiamo ricevuto più soldi dai finanziatori che dalle entrate pubblicitarie».

COPERTURA MEDIATICA IN TEMPO DI GUERRA

Era inevitabile discutere anche del conflitto in Ucraina. David Vigilante, executive vice president e general counsel di CNN e Warner Media News and Sports, ha parlato dell’enorme sfida di garantire un’informazione accurata durante la guerra. «È costoso e richiede molte persone. Ci sono anche alcuni soggetti che cercano attivamente di screditare il nostro lavoro per motivi politici». Vigilante ha aggiunto: «Coprire la guerra in Ucraina in televisione è molto difficile. Dobbiamo assicurare la sicurezza di giornalisti e operatori e garantire loro accesso all’acqua, alle derrate alimentari, all’assistenza medica e, naturalmente, alla sicurezza. È quasi come mobilitare il nostro esercito di giornalisti con linee di approvvigionamento».

Fabio Bertoni, general counsel del The New Yorker Magazine, ha raccontato il suo percorso professionale, partito dal giornalismo e successivamente giunto all’avvocatura. «Ritengo che la nostra sia una missione, sosteniamo e difendiamo l’istituzione del giornalismo. Rivedo tutti i contenuti prima della pubblicazione, sia della nostra rivista cartacea che di quella digitale. Si tratta di 10-15 articoli al giorno sul sito web, oltre a un podcast e a una stazione radio». Alla domanda specifica sul giornalismo in tempo di guerra e conflitto, il general counsel del New Yorker ha aggiunto: «Ottenere notizie accurate dalla Russia è il vero problema. I giornalisti possono finire in carcere per 15 anni. La questione dei freelance è emersa in Siria, coi giovani che giravano video coi telefoni cellulari e cercavano di venderli ai media. È stato un rischio inaccettabile e ipocrita da parte dei media non accettare contenuti dalle persone inviate».

Nel panel è intervenuto anche il direttore di MAG Nicola Di Molfetta. Il giornalista ha parlato della responsabilità e della sfida degli avvocati in house dei gruppi editoriali: proteggere la verità e la reputazione delle rispettive organizzazioni. «La grande differenza tra fatti e opinioni è che i commenti sono liberi, ma i fatti sono sacri. Le testate giornalistiche devono essere chiare sulla differenza tra fatti e opinioni. Non si tratta solo di una presenza fisica per il giornalismo. Tutti hanno uno smartphone e possono filmare qualcosa o scrivere un articolo», ha aggiunto Phillips. Anche Vigilante è intervenuto su questa sfida e ha dichiarato: «Il pregiudizio della conferma è pericoloso. La naturale simpatia è a favore del Paese invaso. Questo non significa che non possano mentire o essere prevenuti». Inoltre, il professionista ha aggiunto un vero e proprio spunto di riflessione affermando che: «Quando si è inclini a credere a qualcosa, è il momento di fermarsi e pensare che si potrebbe essere ingannati».

Marcello Dolores, group vice president of Legal & Regulatory di Warner Bros Discovery Southern Europe, ha confermato quanto siano stati impegnativi gli ultimi anni per il suo gruppo. L’azienda produce molte ore di contenuti e soprattutto è l’emittente ufficiale dei Giochi Olimpici. L’impatto maggiore sul gruppo rispetto alla guerra in Ucraina è stata la difficile decisione di interrompere le attività in Russia: «La guerra ha avuto un impatto enorme. Come società di media, abbiamo dovuto chiederci: “Dobbiamo restare in Russia?” Avevamo un ufficio con colleghi russi, quindi non è stato semplice, ma alla fine abbiamo chiuso le nostre attività nel Paese». […]

di michael heron

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