Tecnologia, il GC può mapparne i rischi

di ilaria iaquinta

 

Che i general counsel (GC) debbano essere coinvolti in prima battuta quando si parla di grandi operazioni è chiaro a tutti. Ma che debbano essere altrettanto interpellati quando si implementano nuove tecnologie in azienda non è così evidente. Eppure, l’utilizzo improprio della tecnologia non può portare all’insorgenza di nuovi rischi legali o a pesanti sanzioni?

Ad affrontare l’argomento è il report “How to Prevail When Technology Fails” realizzato dallo studio Hogan Lovells, che raccoglie le risposte di 550 giuristi d’impresa, coo e ceo.

Stando alle evidenze raccolte nel rapporto solo il 31% degli intervistati coinvolge il team legale interno nella creazione di piani di risposta agli incidenti di sicurezza informatica. Il più delle sulla questione sono coinvolti i consulenti d’informatica forense che si concentrano sugli aspetti tecnici a scapito delle potenziali ramificazioni legali o privacy che possono emergere all’indomani di una violazione.

Ma non è solo una questione di data breach. Solo il 28% degli intervistati coinvolge i giuristi e gli specialisti della privacy dell’azienda al momento di implementare nuove tecnologie. Appena il 31% del campione preso in analisi ammette, per esempio, di preoccuparsi dei rischi derivanti dalla tecnologia incorporata nei prodotti o servizi destinati ai clienti. Eppure, tutti gli strumenti comportano rischi legali, che potrebbero essere mappati o arginati col supporto dei giuristi d’impresa.

I general counsel devono occuparsi anche di questo? Con tutto quello di cui già si occupano… Certamente non c’è bisogno che lo facciano personalmente, basta però che li gestiscano come fanno con tutti gli altri rischi legali a cui l’azienda è esposta…

Gennaro Di Vittorio

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