Smart working, in bilico fra effetti psicologici e responsabilità del datore di lavoro
La nuova quotidianità scandita dal lavoro a distanza potrebbe avere serie conseguenze sul piano della salute. Bisogna, infatti, chiedersi se e in che modo quest’ultimo possa, a lungo termine, impattare sulla mente umana e quindi sulla salute mentale del lavoratore. Una situazione di discontinuità lavorativa che mette l’individuo in condizioni di passare un numero significativo di ore di fronte uno schermo, in assenza di interazione sociale, fondamentale per il benessere psichico, genera stress e disturbi correlati quali ansia, depressione e in taluni casi burning out.
Come sottolinea l’avvocata Elena Cescon dello Studio Legale Mascheroni & Associati “il datore di lavoro può decidere di far svolgere lavoro agile al dipendente, unilateralmente e senza accordo tra le parti, ma proprio la mancanza di un accordo individuale con il lavoratore rende necessaria la predisposizione da parte dell’azienda di un Regolamento aziendale in materia di smart working che tracci le regole generali da rispettare per chi adotti tale modalità”. In effetti, essendo alla base del lavoro agile una maggiore autonomia e responsabilità del lavoratore, l’azienda dovrà individuare le misure di prevenzione comportamentali e procedurali puntando sulle attività di formazione e informazione.
L’avvocato Giampaolo Berni Ferretti, sempre dello Studio Legale Mascheroni & Associati, ricorda inoltre che “il datore di lavoro ha il dovere di apprestare un ambiente idoneo a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti. L’onere è espresso in una norma di chiusura suscettibile di interpretazione estensiva, in ragione del rilievo costituzionale del diritto alla salute tutelato”. Si sostiene, quindi, che il datore di lavoro non sia tenuto solo ad attivarsi nell’adozione di tutte le misure necessarie alla tutela della condizione psico-fisica del lavoratore, ma anche ad astenersi da iniziative che possano ledere i diritti fondamentali del dipendente, mediante la creazione di condizioni lavorative “stressogene”.