Se lo stress professionale si trasforma in crisi personale

Secondo Richard Martin, ex avvocato vittima di burnout, l’ambiente legale è caratterizzato da elementi che rendono i professionisti più inclini a malessere psicologico

di michela cannovale

QUESTO ARTICOLO COMPARE NELL’ULTIMO NUMERO DI MAG, CHE PUOI SCARICARE CLICCANDO QUI

Per chi lavora nell’ambiente legale, sia questo nel libero foro o in house, è difficile bilanciare il benessere personale con la performance lavorativa. La professione dell’avvocatura, oltre alla conoscenza del testo giuridico, richiede attenzione ai dettagli, precisione, assenza di esitazione, competitività, ma anche carichi di lavoro elevati, deadline a stretto giro, lunghe ore al telefono, rientri a casa oltre l’orario di cena e poi, oplà!, la mattina dopo ancora in pista.

Il tutto va a ricadere sul benessere psichico. Di cui, quando si tratta di ambiente legale, si parla ancora poco. Troppo poco. L’Associazione Italiana Giovani Avvocati (Aiga) di Padova, che dal 2021 ha avviato il suo “sportello di ascolto per la prevenzione del burnout e lo sviluppo del benessere personale e professionale degli avvocati”, sostiene che la professione forense sia una delle più esposte al rischio di ansia e stress correlato, con conseguenze sullo stato di salute, sulle relazioni personali e professionali. E questo non vale solo per gli studi legali italiani. Anche il gruppo di aiuto psicologico Lawyers Assistance Program di British Colombia, Canada, conferma che più del 60% degli avvocati lamenta condizioni di ansia nel corso della carriera, il 36% ha avuto problemi di eccessivo consumo di alcolici e il 45% ha sofferto di depressione.

Interpellato da MAG, Richard Martin (in foto qua sopra), partner di Byrne Dean e ceo di Mindful Business Charter, entrambe società che nel Regno Unito si occupano di benessere sul luogo di lavoro, ha spiegato che «le cause del disagio mentale nel settore legale sono molteplici e intrecciate, spaziando da fattori personali a quelli sociali e lavorativi. Un’analisi approfondita rivela un quadro complesso che merita attenzione. Innanzitutto, non si possono trascurare gli elementi genetici, quelli legati all’educazione e alle esperienze personali, così come gli aspetti dello stile di vita e la qualità delle reti di supporto che circondano l’individuo. Il mondo legale presenta una peculiarità: ciò che genera stress in un professionista potrebbe non avere lo stesso effetto su un altro. La reazione individuale, inoltre, può variare nel tempo: una situazione che oggi ci mette alla prova potrebbe non farlo domani, a seconda dello stato generale in cui ci troviamo, del contesto lavorativo e personale». Emergono però alcuni tratti distintivi che caratterizzano la professione legale e che possono aumentare il rischio di problemi psicologici: «L’alta incidenza di disturbi mentali nel settore, spesso conseguenza di uno stress cronico non gestito, suggerisce l’esistenza di fattori intrinseci alla professione che contribuiscono al problema, specialmente per quei professionisti con una predisposizione allo stress».

Prima di spostarsi in Byrne Dean nel 2013, Martin era socio in uno studio legale di Londra. A 41 anni, prossimo a diventare il nuovo managing partner della firm, ha iniziato a soffrire di frequenti attacchi di panico che sono scaturiti in una diagnosi di depressione e ansia. Per un mese è rimasto in cura in un ospedale psichiatrico, per poi riprendersi solo due anni dopo, quando ha deciso di lasciare definitivamente la professione.

Tra gli elementi che rendono i professionisti del settore legale più inclini allo stress, alcuni, secondo Martin, sono più evidenti di altri: i ritmi costantemente serrati, in primis, e poi la necessità di concentrarsi sui bisogni altrui a scapito dei propri e su fatti oggettivi piuttosto che sulle emozioni. C’entra poi la percezione, fortemente sentita dai professinisti, di dover sempre compiacere superiori e clienti, così come le richieste incessanti imposte dalla tecnologia, che creano l’aspettativa di una disponibilità 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

Le cose non vanno meglio nel mercato in house. Anzi, peggio mi sento. A confermarlo, in questo caso, è uno studio condotto da Axiom nel 2023. L’89% dei giuristi d’impresa si definisce insoddisfatto per il proprio ruolo professionale e il 30% addirittura “molto insoddisfatto”, in netto aumento rispetto al 18% dell’anno precedente. Ancora più allarmante è il dato che rivela che il 61% (a fronte del 47% del 2022) si descrive come “estremamente stressato ed esausto”.

Per Martin, «un ruolo cruciale è giocato dalla cultura specifica dell’organizzazione e del team in cui si opera, che può rivelarsi un fattore positivo o negativo, influenzando significativamente il benessere psicologico del professionista».

Anche il fattore denaro gioca un ruolo significativo, a maggior ragione se si lavora in studio: «Compensi così elevati come quelli offerti da alcune firm ai soci – ha detto Martin – portano con sé aspettative altrettanto alte. Ci si attende un ritorno sull’investimento, e quindi un aumento delle ore fatturabili. Sebbene i ritmi serrati non siano necessariamente sinonimo di malessere, rappresentano indubbiamente un fattore maggiore di rischio».

E così, sono sempre più numerosi i professionisti che decidono di mollare. Dal report Young Lawyers 2022 dell’International Bar Association emerge infatti che il 54% dei giovani legali lascia o pensa di lasciare lo studio per mancanza di sviluppo di carriera ed eccessivo carico di lavoro. La solfa, ancora una volta, non cambia nel mercato in house: secondo quella stessa ricerca di Axiom che citavamo prima, anche qui, come per la private practice, la fuga dei talenti è un rischio concreto e attuale, tanto che 2 giuristi su 3 si sono dichiarati aperti ad altre opportunità lavorative, soprattutto fra le risorse più junior, che hanno ammesso di essere alla ricerca di una nuova posizione nel 73% dei casi (contro il 51% dei senior).

«Abbandonare la professione – ha detto Martin a MAG – può sembrare una scelta […]

PER CONTINUARE A LEGGERE, SCARICA L’ULTIMO NUMERO DI MAG CLICCANDO QUI

michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

SHARE