Ripresa in vista per i cfo italiani
Come vedono il futuro delle loro imprese i cfo italiani? È la domanda a cui ha tentato di rispondere il la cfo Survey del primo semestre del 2015 realizzata da Deloitte. Una ricerca, condonna su un campione di 300 direttori finanziari italiani e 1300 europei, per capire quali trend e quali sfide le aziende italiane si trovano ad affrontare dal punto di vista dei loro Cfo.
Più fiducia nel Paese. Secondo il 52% dei direttori finanziari, nei prissimi 12 mesi, ci sarà una crescita della proponsione al consumo. Un dato che segnala un atteggiamento più ottimista, visto che nel 2014 solo il 27% si era detto fiducioso. Buone anche le aspettative sugli investimenti da qui a un anno, previsti in aumento dal 54% dei cfo e stabili per il 36%. Anche questo dato è in miglioramento rispetto alla rilevazione del 2014 quando solo il 38% dei manager prevedeva un aumento del livello degli investimenti.
Per quanto riguarda invece il mercato del lavoro, il 69% degli intervistati pensa che ci sarà una riduzione del tasso di disoccupazione nei prossimi 24 mesi, mentre solo il 32% ritiene ancora bassa o nulla la probabilità di una ripresa dell’occupazione.
“Dalle risposte analizzate – ha commentato Riccardo Raffo, Partner di Deloitte – sembrerebbe che i cfo italiani abbiano apprezzato il Jobs Act: se nel 2014 solo 35 cfo su 100 si aspettavano una riduzione della disoccupazione nel biennio successivo, la ricerca del 2015 evidenzia che gli ottimisti sono ora il 69%. Evidentemente, i cfo si aspettano che l’introduzione del contratto lavorativo a tutele crescenti possa rilanciare l’occupazione”.
Prospettive di miglioramento anche per quanto riguarda le operazioni di Merger & Acquisition nei prossimi 12 mesi .Se nel 2014 gli ottimisti rappresentavano il 68%, oggi sono oltre il 76%. Infine, se nel 2014 solo il 17% dei CFO intravedeva la possibilità di aumento del Pil oltre l’1% nei successivi 12 mesi, ad oggi questa percentuale è salita al 35%.
Aziende in ripresa. Gli intervistati hanno dichiarato di essere più ottimisti verso il futuro della propria impresa, anche se la maggior parte di loro si è dimostrata molto cauta. Sono stati infatti solo il 29% quelli che si sono detti veramente ottimisti. Il 64% ritiene invece stabile la situazione-economico finanziaria. I manager spagnoli risultano essere i più ottimisti (71%) tra gli oltre 1.300 cfo europei intervistati, seguiti da Olanda (52%) e Irlanda (45%). I meno ottimisti sono invece gli svizzeri.
Dal sondaggio è emerso che i cfo italiani sono più allarmanti dalla situazione economica della propria azienda, mentre quelli stranieri rivolgono le proprie preoccupazioni agli impatti che un quadro macroeconomico incerto può determinare sul loro business. Tra questi la Germania risulta essere il paese che si dimostra maggiormente preoccupato. Segue la Svizzera con l’81%, la Russia con il 66%.
Visione positiva anche sul fronte degli investimenti. Secondo il 50% degli intervistati la propria azienda registrerà un aumento significativo nei prossimi 5 mesi. Mentre sale al il 77% la quota dei cfo che prevede un incremento del margine operativo e l’82% si aspetta un aumento dei ricavi. Il 38% prevede un aumento di entrambi gli indicatori fino al 5% e ben il 44% dei responsabili finanziari si aspetta una crescita dei ricavi della propria azienda sopra il 5% annuo. Solo l’11% dei cfo ritiene invece che la propria azienda soffrirà una contrazione dei ricavi nei prossimi 12 mesi.
Credito ancora a singhiozzo. Nonostante vi sia un aumento dei cfo che ritengono l’accesso al credito bancario lievemente migliorato rispetto al sondaggio svolto nel 2014, la maggior parte (53%) ritiene che la situazione sia rimasta invariata. Tuttavia, confrontando l’attuale edizione con quella condotta nel 2014, la percentuale di coloro che avere un prestito sia meno difficile è passata dal 21% al 34%. Tra le aziende che reputano l’accesso al credito più difficile rispetto ad un anno fa spiccano le piccole e medie imprese con una quota del 47%, dato in linea con lo stesso studio condotto nel 2014.
È stato inoltre registrato uno scarso interesse verso gli strumenti alternativi per finanziare le proprie imprese. Il 60% dei cfo che hanno partecipato al sondaggio non reputa attrattiva l’emissione di bond e minibond e solo il 26% valuta questa opzione interessante o molto interessante.
È il momento di rischiare. Il 54% degli intervistati, soprattutto quelli appartenenti a realtà aziendali con fatturato compreso tra i 50 milioni di euro e 100 milioni di euro, ritiene che questo sia un buon momento per assumere dei rischi per la propria azienda. La risposta è in controtendenza rispetto ai risultati emersi dall’EMEA CFO Survey che vede il 62% degli intervistati non inclini a rischiare.
C’è bisogno di cambiamento. Tra le richieste che i cfo italiani rivolgono al Governo per migliorare la loro condizione lavorativa ci sono soprattutto: la lotta all’evasione e all’elusione fiscale (15%), la riduzione delle imposte dirette sui redditi di lavoro di impresa (14%) e l’eliminazione delle province, lo snellimento della Pubblica amministrazione e la riduzione dei costi del pubblico impiego (14%). Emerge quindi un atteggiamento critico delle imprese nei confronti dei costi della struttura pubblica, che pare essere un freno per la ripresa. Poco importanti per i manager invece l’eliminazione del Fiscal Compact (2%), l’incremento delle imposte sui patrimoni e sulle rendite (2%) e la riduzione dell’Iva a favore di un incremento dei consumi (4%). I dati sono in linea con quanto emerso dalla precedente survey del 2014.
Il confronto con i dati europei. Confrontando i risultati italiani con quelli dei cfo europei risulta che entrambi condividono la fiducia nei confronti dell’Unione europea. Solo il 56% dei manager emea ritiene che sia efficare una riduzione dei programmi di austerità e potenziamento della fiscal spending, contro il 75% dei colleghi italiani. Allo stesso modo, una più profonda integrazione europea attraverso un’unione politica e fiscale è efficace per il 61% dei cfo emea contro il 78% dei manager italiani. Infine i direttori i finanziari di tutta Europa (il 92% degli emea e il 98% degli italiani) considerano l’eliminazione dell’euro una strada inefficace.