Ripartire dalle donne, conversazione con Maurizia Iachino
di alessio foderi
Guardando al domani, non bisogna lasciare indietro nessuno e superare qualsiasi disparità di genere. Maurizia Iachino ha le idee chiarissime e una fortissima determinazione. Un impegno che dura una vita, che si è radicato fra le fila del movimento Fuori Quota, fondato da lei nel 2011 per sostenere il riconoscimento e lo sviluppo delle capacità femminili. Un impegno che ha seguito anche come Chair di Ong internazionali: Save the Children fino al 2008 e Oxfam Italia fino al 2018. Iachino – che è anche consigliere in AIDAF, Valore D, Fondazione ATM, Banca d’Italia Milano – è stata nominata un mese fa nel Comitato di esperti diretto da Vittorio Colao. «Una sfida arrivata inaspettata», ha raccontato a MAG, spiegando i suoi obiettivi principali e le prove che riguardano tutti – uomini e donne – nel mondo post-Covid.
Quali sono stati i maggiori traguardi raggiunti dalla fondazione di Fuori Quota fino a prima della pandemia da Covid-19?
Tra i risultati più concreti e conosciuti raggiunti anche grazie all’impegno di Fuori Quota c’è sicuramente l’approvazione e, successivamente, il rinnovo della legge Golfo-Mosca per le quote di genere nei CdA delle società quotate. Nel 2011, lo strumento delle quote è stato concepito come progressivo e temporaneo nella convinzione che nell’arco di un decennio sarebbe riuscito e innescare un effetto a cascata e un cambiamento culturale duraturo.
Ma poi non è stato così…
In prossimità dello scadere della legge, sono stati evidenziati gli ottimi risultati numerici ottenuti, che hanno portato al superamento della soglia minima prevista, ma ci si è subito resi conto che la strada per rendere la parità un processo spontaneo era più in salita di quanto ci fossimo aspettati, tanto da convincere della necessità del rinnovo delle cosiddette “quote rosa” anche chi in passato si era opposto all’utilizzo di strumenti coercitivi per il riequilibrio di genere. Dall’adozione della legge, il nostro Paese è divenuto un caso studio di interesse a livello internazionale rispetto all’aumento della presenza femminile all’interno dei board, ma c’è ancora molto lavoro da fare per raggiungere la vera parità, soprattutto adesso che l’emergenza ha messo a dura prova quello che abbiamo costruito.
Cosa pensa della resilienza femminile durante la fase 1 della pandemia? E quale sarà invece l’apporto delle donne nel rilancio economico e sociale del Paese?
Io credo che le donne durante il lockdown, così come in tante altre occasioni, abbiano dimostrato un forte senso di adattamento a questa ulteriore sfida. Tuttavia, ritengo ingiusto siano ancora una volta le donne a farsi carico delle responsabilità familiari e sociali, per poi essere lasciate ai margini del decision-making. Nei momenti più bui, la resilienza dovrebbe essere messa in atto dalla comunità intera. Molte donne hanno dovuto rinunciare al loro lavoro per occuparsi dei loro cari o gestire il sempre più pressante carico degli impegni domestici. Altre sono scese in prima linea, in condizioni lavorative ad alto stress e maggiormente esposte al contagio, per garantire ai cittadini servizi necessari. Tutto ciò non può lasciarci silenti non solo per una questione etica ma perché prassi sbagliate incidono concretamente sul PIL e sull’opportunità di uno sviluppo sostenibile del nostro Paese. Bisognerebbe dare all’Italia la possibilità di ripartire potendo contare sulle competenze, le energie e la visione delle donne per costruire il futuro.
Il coronavirus, secondo molti, ha rappresentato un salto indietro per l’empowerment femminile, mentre per altri si tratta di “un’occasione” per far radicare culturalmente un cambiamento. Dove si posiziona?
Direi che potremmo collocarci quasi a metà. E dico “quasi” perché effettivamente si è verificato un passo indietro in tema di rappresentanza, e quindi di empowerment, femminile. Ciononostante, il Covid ha scardinato il modello organizzativo precedente e reso il terreno fertile per dare il via a un nuovo modo di concepire la società e il ruolo del valore della diversità. Si tratta per l’appunto di un’opportunità da prendere al volo e ogni passo falso potrebbe danneggiare notevolmente l’instabile situazione di molte donne. L’emergenza sanitaria ha finalmente, e spero sia così, aperto gli occhi su quanto la forza lavoro del nostro Paese sia costituita da donne forti e ambiziose che hanno bisogno, tanto quanto gli uomini, di garanzie circa i loro posti di lavoro e di supporto nei compiti domestici e di cura.
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