L’età della resilienza: slogan o ricetta per la crescita?
Le proposte dei manager per una ripartenza davvero resiliente sono: persone al centro; competenze digitali; flessibilità e connessione dei sistemi aziendali; ridefinizione dello smart working.
Da più di un anno ormai di parla di resilienza: ma cosa significa, davvero, per le organizzazioni aziendali? Il workshop “L’età della Resilienza: buzzword, slogan o ricetta per la crescita?”- organizzato da ISTUD Business School in collaborazione con Oracle Italia – ha provato a rispondere a queste domande guida, coinvolgendo un gruppo selezionato di top manager e business leader di tutti i settori. Il “meeting of minds” collaborativo ha definito i significati e le ricadute operative del termine resilienza su tre livelli: ecosistema, organizzazione, persona.
Resilienza è infatti una delle parole chiave oggi più usate – e abusate – per descrivere e interpretare lo scenario attuale e quello post-pandemia che si sta per aprire. L’Europa ha deciso di puntare su questa per la ripartenza, stanziando oltre 750 miliardi di risorse sul pacchetto Next Generation EU, all’interno del quale oltre 220 miliardi sono quelle del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano, che genererà un incremento di PIL stimato del +4.2% nel 2021 per il nostro Paese.
Gestire lo stato instabile, nel business e in azienda, per poi progredire verso un nuovo equilibrio col minor danno possibile, rappresenta una sfida ineludibile per i manager oggi.
“Per resilienza si intende la capacità di un sistema di modificare il proprio funzionamento prima, durante e in seguito a un cambiamento o a una perturbazione, in modo da poter dare continuità operativa, sia in condizioni previste, sia in contesti non prevedibili. Esistono esempi di contesti resilienti nella scienza e negli ecosistemi naturali, ma anche nella storia: basti pensare agli ordini religiosi e alla loro resilienza nel corso dei secoli, come ad esempio sicuramente l’ordine benedettino, fondato 1.500 anni fa e oggi più che mai vivo e attivo”, ha aggiunto Arpino.
Le stanze collaborative dell’incontro hanno visto impegnati top and senior manager di diversi settori: manufacturing, largo consumo e food&beverage, servizi, energy, banking, che hanno portato la propria esperienza sul tema della resilienza.
L’ultimo anno è stato – per i business leader coinvolti – un laboratorio diffuso di sperimentazione in cui si sono implementati nuovi modi di lavorare. Proprio la centralità delle persone è stata a più riprese ribadita nel meeting come punto da cui ripartire, sia attraverso attività di formazione che “permettano il re-skilling e l’upskilling delle competenze”, verso il digitale e nuovi modelli di leadership collaborativi, sia con un rinnovato focus sul benessere.
“Flessibilità, connessione, comunicazione sono tre dimensioni organizzative chiave che partono dall’impresa e hanno un impatto diretto sull’ecosistema in cui questa opera”, questo quanto emerso dai tavoli di lavoro del workshop. E per i manager è e sarà competenza chiave “l’allenamento alla complessità; l’attitudine ad affrontare mercati complessi e volatili attraverso la collaborazione e l’intelligenza collettiva”, non pensando a una soluzione unica, ma attraverso soluzioni alternative proposte da tutti.
E alle persone vanno associati sistemi efficaci, che permettano loro di svolgere i propri compiti in modo flessibile e collaborativo, possibilmente con l’aiuto di tecnologie che semplifichino e aumentino la soddisfazione, il benessere e la crescita nelle competenze.
Nell’anno del remote working, sono state infatti avanzate proposte anche sul fronte organizzativo, per disegnare aziende veramente resilienti con la capacità di trasformarsi continuamente, che sappiano decidere a cosa dare importanza in modo flessibile.