Quattro mesi per perdere una matematica
Perché una bambina si convinca che la matematica “non è roba da donne”, possono bastare appena quattro mesi di scuola elementare. È quanto ha scoperto un gruppo di ricercatori francesi che ha seguito per quattro anni circa 2,7 milioni di studenti, analizzando il loro rapporto con le materie stem. I risultati, pubblicati su Nature, parlano chiaro: all’ingresso a scuola, maschi e femmine hanno competenze matematiche praticamente identiche. Dopodiché, già dopo quattro mesi si registra un divario di 0,20 punti a favore dei primi. Nel secondo anno, il gap addirittura quadruplica.
Visto che ho imparato a non dare nulla per scontato, lasciatemi dire l’ovvio: non è una questione di capacità innate. Maschi e femmine partono dallo stesso livello: il talento non ha genere.
La distanza che si crea è piuttosto il frutto di uno stereotipo culturale radicato che le bambine iniziano ad assorbire in modo quasi invisibile fin dai banchi di scuola – e soprattutto quando crescono in famiglie e contesti con uno status socioeconomico più alto, dice lo studio. Qui, senza che quasi ce ne si accorga, si parla ai figli e alle figlie in modo diverso. “Bravo, sei proprio intelligente!”, si dice ai maschi. E alle femmine? “Brava, ti sei impegnata e ce l’hai fatta!”. Oppure “Dai, questo è difficile, chiediamo a papà”. Sono sfumature, che incidono però sull’autostima delle bambine e che impattano anche sull’ansia da prestazione in matematica, che colpisce specialmente loro e specialmente durante le prove in classe a tempo.
Le conseguenze si riflettono a strascico anche sulle scelte future, tanto che oggi, secondo i numeri di Nature, le donne costituiscono solo il 35% di chi sceglie di studiare materie stem nel mondo.
Non proprio un trionfo di parità, ma anche un segnale che là fuori ci sono ancora tantissimi talenti tutti da scoprire. Ed è qui che entrano in scena i programmi di diversity & inclusion. Non solo perché è una questione principio, ma anche perché è davvero un peccato lasciarsi sfuggire delle matematiche brillanti, a maggior ragione se bastano solo quattro mesi per decidere di non avventurarsi in certi percorsi.
La ricerca francese, in questo senso, qualche consiglio pratico ce lo dà: puntare sulle competenze trasversali come fiducia e gestione dello stress, alleggerire approcci didattici troppo improntati alla competizione e, perché no, iniziare a trattare l’errore non come una catastrofe, ma come un passaggio naturale dell’apprendimento.
Ne parlo più approfonditamente nella nuova puntata di Diverso sarà lei con Marie Madeleine Gianni, fondatrice e presidente di Bet she can, fondazione nata nel 2015 per accompagnare le bambine tra gli 8 e i 12 anni nello sviluppo della consapevolezza di ciò che sono e ciò che vogliono diventare. Buon ascolto!