PwC: giovani talenti più propensi a rientrare in Italia dopo il Covid-19

Il 71% dei talenti italiani all’estero valutava un rientro in patria già prima del coronavirus, ma per uno su cinque la pandemia ha aumentato questa propensione. La possibilità di stare vicino ai familiari diventa infatti un fattore importante nel valutare un rientro in Italia, superando le tradizionali considerazioni di carattere economico.

A rivelarlo è una ricerca di PwC, Talents in Motion e Fondazione con il Sud pubblicata durante l’estate e condotta su un campione di 1.104 intervistati (il 74% dei quali tra i 18 e i 35 anni e il 95% basato all’estero) per comprendere come il Covid-19 influenza stili di vita, percorsi professionali e aspettative.

Se nel 2019, infatti, il 48% degli intervistati lasciava l’Italia per ragioni di carattere economico e il 34% sarebbe tornato in Italia solo a fronte di una posizione più prestigiosa o remunerata, il Covid-19 ha cambiato almeno in parte le priorità. Il desiderio di stare vicini ai propri cari può essere un driver da valorizzare nel pianificare misure a supporto del rientro dei talenti.

C’è inoltre ottimismo sul sistema Paese. Nonostante prevedano la perdita di numerosi posti di lavoro, una quota importate di talenti italiani intravede nuove opportunità sia a livello di Sistema Paese (50%) sia per la propria carriera (24%). C’è, ancora, una buona percezione delle azioni messe in campo dal governo italiano per rispondere alla crisi, ritenute più efficaci di quelle intraprese dall’Unione Europea. La risposta del governo italiano è infatti diffusamente percepita come una delle migliori dopo quella tedesca. Tuttavia, il 75% dei giovani talenti italiani si attende una crisi lunga, i cui effetti persisteranno per tutto il 2021, se non addirittura oltre.

 

 

Lo stile di vita

Oltre il 40% degli intervistati prevede grandi cambiamenti nel proprio stile di vita. Gli impatti più forti sono attesi nel mondo del lavoro. La rivoluzione risiede nello smart working, una modalità di lavoro che il 69% degli intervistati vorrebbe diventasse complementare all’attività in ufficio. Il 15% preferirebbe che diventasse la modalità di lavoro prevalente, mentre meno del 2% vorrebbe abbandonarla definitivamente.

La maggioranza degli intervistati crede che il lavoro da remoto abbia inoltre effetti positivi su diversi fronti, primo fra tutti l’ambiente (97%), seguono: benessere dei dipendenti (83,5%) e produttività aziendale (79%).

 

Il lavoro nei mesi scorsi

Anche tra i talenti più internazionalizzati e residenti all’estero, una persona su cinque ha perso o sospeso il lavoro. Chi ha continuato l’attività, lo ha fatto prevalentemente in smart working. Il Covid-19 ha comportato un gran numero di ore di cassa integrazione e licenziamenti anche nei Paesi dove i talenti italiani si erano trasferiti nella convinzione di trovare migliori opportunità lavorative. La crisi simmetrica che ha colpito i Paesi occidentali potrebbe quindi penalizzare l’attrattività dei principali competitor dell’Italia e incentivare il ritorno nel nostro Paese.

Gennaro Di Vittorio

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