Perché in house lo stipendio conta ancora
I soldi non fanno la felicità. Però aiutano. E, in particolare, sono la motivazione principale per cui i giuristi d’impresa decidono di cambiare lavoro.
Diverse ricerche recenti, focalizzate su altre categorie professionali, dimostrano che sul lavoro lo stipendio non è tutto: serve garanzia di equilibrio tra la vita privata e quella professionale. In una parola, conta il benessere.
Per gli avvocati in house invece non è esattamente così. Sebbene la centralità della loro professione sia diventata sempre più evidente negli ultimi anni, molti giuristi continuano a pensare che il proprio lavoro valga molto di più di quanto viene pagato.
A rivelarlo è il report annuale sulle retribuzioni pubblicato da BarkerGilmore a cui abbiamo dedicato una news in settimana. Il 40% degli intervistati ha infatti ammesso che sta valutando di cambiare posizione entro l’anno proprio nella speranza di trovare una soluzione che gli consenta di guadagnare di più. Una percentuale che chiaramente potrebbe subire degli impatti al ribasso a causa della crisi economica scatenata dalla pandemia in corso ma che fa emergere una frustrazione comune a molti in house relativa alla propria condizione lavorativa. Si cerca altro perché si crede di percepire uno stipendio “inferiore o significativamente inferiore rispetto ai proprio pari che lavorano in altre organizzazioni”, come si legge nel report.
Il vero tema collegato, anche se indirettamente, allo stipendio è: viene riconosciuta abbastanza questa figura professionale? C’è davvero comprensione, al di là della remunerazione, del peso specifico di chi si occupa della regia legale di ogni attività in azienda?
A questi interrogativi risponderemo il 9 luglio prossimo, presentando anche dati sull’Italia, in occasione del webinar Inhousecommunity Day – Il peso dell’In House Counsel in azienda