Osservatorio Mecspe: il digitale ha trasformato 6 aziende del manifatturiero su 10
Il digitale ha trasformato in modo significativo oltre 6 aziende del manifatturiero su 10 e il 55,8% degli imprenditori italiani percepisce la propria azienda come innovativa
Lo rivela l’Osservatorio Mecspe, presentato da Senaf che racconta lo stato di salute delle imprese del made in Italy e il loro rapporto con la trasformazione digitale.
Sette imprenditori su dieci ritengono che tra i migliori strumenti di avvicinamento all’innovazione ci sia innanzitutto il trasferimento di conoscenza, a seguire la consulenza mirata (64,8%), le comparazioni con aziende analoghe (36,4%), i workshop (31,8%) e la tutorship di un’accademia o università (23,3%). L’87,6% ritiene di avere un livello di conoscenza medio-alto rispetto alle opportunità tecnologiche e digitali sul mercato, il 21,2% investirà nel 2018 dal 10% al 20% del fatturato in ricerca e innovazione, e in molti credono che l’innovazione abbia consentito alle aziende di fare sistema e di creare nuove filiere.
“Stiamo finalmente raccogliendo i frutti tangibili di un processo di trasformazione che ha attraversato il nostro Paese e di un senso di fiducia che guida le aziende italiane – commenta Maruska Sabato (nella foto), project manager di Mecspe – Il sentiment tracciato dall’Osservatorio Mecspe sui primi sei mesi del 2018 ne è la conferma. La considerazione che gli investimenti attuati nell’ambito della tecnologia e innovazione siano serviti è positiva per la maggior parte degli imprenditori, convinti che questa sia la direzione giusta su cui proseguire. Formazione e trasferimento di conoscenza rimangono però gli asset fondamentali, senza i quali nessuna sfida può essere colta fino in fondo in modo efficace.”
Confermate le intenzioni di investimento nelle nuove tecnologie abilitanti, già in largo uso nelle pmi della meccanica e della subfornitura, che ad oggi hanno introdotto soluzioni in particolare per la sicurezza informatica (89,2%) e la connettività (79,7%), il cloud computing (67,1%), la robotica collaborativa (35,4%), la simulazione (31%), i big data (29,1%), la produzione additiva (28,5%) e l’Internet of Things (27,8%). La realtà aumentata è stata privilegiata dal 15,2%, così come i materiali intelligenti, mentre le nanotecnologie dal 7%.
Nel processo di trasformazione digitale, il rapporto uomo-macchina viene visto sotto più punti di vista. Oltre la metà del campione (54,8%), ritiene che le persone abbiano sempre un ruolo fondamentale, di centralità nei processi, e che la percezione umana sia il vero driver del cambiamento. Per il 36%, invece, è la tecnologia ad avere un ruolo di primo piano, ma solo se supportata da un’adeguata formazione umana e da un cambiamento culturale. L’8,6% ritiene la tecnologia fondamentale e l’unico fattore abilitante per la costruzione di soluzioni, che consentono di migliorare paradigmi di processo ormai obsoleti, mentre solo lo 0,5% ha una visione catastrofica, secondo cui le persone non assumono più un ruolo centrale e sono destinate ad essere sostituite dalle macchine.
Guardando al futuro, ai giovani e alle digital skill, i profili specializzati più richiesti entro il 2030 saranno il robotic engineer (30,3%), gli specialisti dei big data (17,9%), i programmatori di intelligenze artificiali (13,8%); a seguire lo specialista IoT (9,2%), il multichannel architect (7,7%) e gli esperti di cybersicurezza (6,2%).