Osservatorio Jobpricing e Badenoch + Clark: gli effetti del Covid-19 sui salari

L’emergenza sanitaria globale causata dal Covid-19 ha avuto ripercussioni molto pesanti sull’economia e sul mercato del lavoro. In particolare, il nostro Paese ha subito una forte perdita di posti di lavoro, concentrata nelle categorie più vulnerabili e a più basso reddito. Questa ricomposizione del mix occupazionale ha fatto sì che si osservasse una dinamica positiva nella crescita dei salari medi nazionali per i primi tre trimestri dell’anno non insolita in periodi di recessione, anche se particolarmente marcata rispetto ad esperienze passate.

È quanto rileva lo studio “Le dinamiche retributive al tempo del Covid-19” sull’impatto sul mercato del lavoro e sui differenziali retributivi pubblicato all’Osservatorio JobPricing e Badenoch + Clark con la collaborazione del professor Lorenzo Cappellari dell’Università Cattolica di Milano.

Se gli effetti su chi ha perso il posto di lavoro sono evidenti, è più complesso capire l’impatto dello shock pandemico su chi il lavoro non lo ha perso. Non tutti i lavoratori, infatti, sono stati esposti allo stesso modo. In proposito, oltre al tipo di settore in cui sono occupati, un indicatore di vulnerabilità alla pandemia dei lavoratori è il livello di “agilità” delle loro mansioni, cioè quanto le attività di competenza siano eseguibili da remoto, visto che in tal caso è assicurata una maggiore continuità della prestazione e di conseguenza della retribuzione. Sulla base di questo criterio, dunque, è possibile suddividere i lavoratori in due gruppi, uno più esposto al virus (i lavoratori tradizionali) e uno meno esposto (i lavoratori agili).

In media, i lavoratori tradizionali italiani hanno perso circa 887 euro nei primi tre trimestri del 2020, rispetto ai lavoratori agili. Questo risultato è verosimilmente legato all’andamento delle ore lavorate.

Rispetto a questa situazione generale si sono avute differenziazioni in base alle caratteristiche dei lavoratori. In particolare, gli uomini hanno perso in media circa 1.004 euro e le donne 880. Il gruppo degli under 35 ha subito una perdita maggiore (-997 euro circa) rispetto ai maggiori di 35 anni.

Inoltre, i lavoratori a tempo determinato registrano un effetto statisticamente nullo. Questa è la categoria che più in assoluto ha sofferto questa crisi: pur essendo in vigore il blocco dei licenziamenti, tanti tra coloro i cui contratti a termine (inferiori a 24 mesi) erano in scadenza hanno presumibilmente perso il lavoro. Se invece sono stati rinnovati a tempo, questo risultato sta catturando anche una sorte di effetto di sopravvivenza: se non sono stati trasformati a tempo indeterminato per qualsiasi ragione, ma sono rimasti nelle aziende, non hanno probabilmente subito variazioni salariali significative, sia che appartenessero al gruppo dei lavoratori tradizionali, che a quello dei lavoratori agili.

I lavoratori tradizionali delle piccole imprese hanno sofferto maggiormente lo shock rispetto a quelle più grandi, con una perdita di circa -883 euro. Tra i lavoratori tradizionali, quelli con meno esperienza e quelli con più esperienza nel ruolo sono stati i più colpiti, con una diminuzione dello stipendio rispettivamente pari a -1.260 e -914 euro circa.

Spostandosi, infine, sui settori, appaiono fortemente colpiti i salari dei lavoratori tradizionali di quelle industry che più hanno sofferto direttamente o indirettamente delle misure di isolamento sociale e del blocco della mobilità, quindi, per esempio, non solo il settore dell’Arte e intrattenimento (-9.332) o del Media web e comunicazione (-1.098), ma anche quelli dell’Aeronautica (-739), Navale (-3.315) e dell’Automotive (-1.891). I lavoratori tradizionali di alcuni settori (ad esempio Hotel, bar e Ristorazione, Edilizia e costruzioni o agricoltura) registrano un effetto positivo. Questi sono settori dove hanno lavorato quasi esclusivamente lavoratori tradizionali, e/o dove i lavoratori smart sono una netta minoranza, e/o dove i lavoratori tradizionali che sono rimasti in servizio hanno professionalità molto qualificate. In tali casi le ore lavorate, invece che ridursi, come nella generalità dei casi, probabilmente sono aumentate con conseguente impatto sul salario.

Gennaro Di Vittorio

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