I Mondiali di calcio femminile e la questione del gender pay gap

C’è una questione in particolare che ha acceso i riflettori sul dibattito di genere e sta facendo discutere il web e i giornali: i Mondiali di calcio femminile in Francia. Dal 7 giugno scorso e fino al prossimo 7 luglio, 24 squadre di giovani calciatrici stanno attirando l’attenzione del grande pubblico come mai fatto prima di oggi. I mondiali di calcio femminile si giocano dal 1991, ma l’edizione di quest’anno sta registrando un record di ascolti senza precedenti. Un po’ perché queste calciatrici stanno dimostrando di essere brave e tenaci al pari dei colleghi maschi, un po’ perché si stanno facendo portavoce di una protesta sugli stereotipi e le disuguaglianze di genere.
Anzitutto, il Mondiale è iniziato con le polemiche accese dalla nazionale australiana che ha richiesto, supportata dal sindacato internazionale dei calciatori (Fifpro), un aumento del montepremi totale destinato alla competizione calcistica, pari al momento a 30 milioni di dollari. La cifra è il doppio rispetto alla somma complessiva stanziata per l’edizione precedente (Canada 2015), ma è lontanissima dai 440 milioni di dollari previsti per il prossimo Mondiale maschile (Qatar 2022). Pensate che solo la Francia, che ha sollevato la coppa del Mondo maschile lo scorso anno (Russia 2018), ha intascato 38 milioni di dollari. La squadra che vincerà il mondiale femminile di quest’anno riceverà invece un premio di 4 milioni di dollari.
Certo, il volume d’affari mosso dalle donne è inferiore rispetto a quello dei colleghi calciatori. Ma, attenzione, le giocatrici non stanno chiedendo la piena parità, ma almeno un amento a 57 milioni.
Ma visto che parliamo di soldi, sapete quanto guadagnano le calciatrici? Molto, ma molto meno degli uomini. Se il più pagato al mondo, Lionel Messi guadagna 130 milioni di euro all’anno, la più pagata al mondoAda Hegerberg percepisce 400mila euro. Oltre il 300% in meno. Proprio per protesta contro le differenze di trattamento tra giocatrici e giocatori, Hegerberg ha rinunciato alla convocazione in nazionale e rimarrà una spettatrice dei mondiali di Francia 2019.
Sui campi di calcio francesi a portare avanti la protesta c’è Marta Vieira da Silva, la numero 10 del Brasile, che qualcuno chiama “Pelè con la gonna” o la “cugina di Pelè”. La calciatrice ha vinto sei volte il riconoscimento di miglior giocatrice al mondo per la FIFA (negli anni dal 2006 al 2010 e nel 2018) e miglior marcatrice nella storia dei Mondiali femminili (segnando 16 gol in cinque edizioni). Durante la partita contro l’Australia Marta, dopo aver segnato, ha alzato la gamba davanti alle telecamere per mostrare il logo rosa e blu (simbolo per eccellenza dell’uguaglianza di genere) sui suoi scarpini. Logo che la calciatrice ha preferito rispetto a quello degli sponsor, visto che ha ritenuto inadeguate a livello economico tutte le offerte ricevute.
E in Italia? Le calciatrici della serie A sono ancora considerate dilettanti e non professioniste. Non hanno quindi un normale contratto con le società, ma degli accordi economici che prevedono compensi, rimborsi e indennità ben precisi. Il loro compenso massimo è pari a 30.658 euro lordi a stagione. E chi gioca in serie B? Lo fa gratis o, al massimo, riceve un rimborso spese da 500 euro al mese.
Che dire… sul campo come nella vita professionale di molte donne c’è un problema di differenza di trattamento di genere. Stesso ruolo, stesso contesto, stesso impegno. Cambia solo il sesso. Che chi sfonda e chi invece si trova ad arrancare dietro…

Gennaro Di Vittorio

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