Mind the (gender pay) gap
Dopo il polverone che ha travolto la Bbc a inizio anno a seguito delle dimissioni pubbliche della giornalista Carrie Gracie per via della disparità che intercorreva tra il suo stipendio e quello dei suoi colleghi uomini di pari livello (circa il 50%, ndr), nel Regno Unito si torna a discutere di gender pay gap. Ovvero delle ineguaglianze nelle remunerazioni uomo – donna.
A tenere vivo il dibattito sul tema è l’approssimarsi della scadenza, a inizio aprile prossimo, per la presentazione dei dati sui divari retributivi previsti dalla “Equality Act 2010 (Gender Pay Gap Information) Regulations 2017”. Secondo la norma, infatti, le aziende del Paese con più di 250 dipendenti sono obbligate a pubblicare annualmente, sul proprio sito internet e su quello dedicato del governo, una serie di informazioni sulle differenze di retribuzione tra uomini e donne.
Nelle ultime settimane oltre 500 aziende inglesi hanno reso pubblici i dati relativi alla propria organizzazione per il 2017. Tra queste, anche alcuni studi legali, tra cui Linklaters, Bird & Bird, Herbert Smith Freehills e Cms. I dati, che non tengono sempre conto delle retribuzioni dei partner, mostrano l’effettiva esistenza di divari retributivi nelle law firm del Regno Unito.
In particolare, la differenza media nella retribuzione oraria tra uomo e donna è pari al 23% per Linklaters, al 19% per Herbert Smith Freehills, al 17% per CMS e al 14,5% per Bird & Bird.
Divari che le insegne hanno giustificato, per lo più, con il maggior numero di contratti part time affidati alle donne e con alcuni ruoli meno remunerativi, quali quelli di segreteria o di supporto, ricoperti principalmente da queste ultime.
Tuttavia, anche osservando i dati sugli stipendi pubblicati a settembre 2017 da The Law Society (cfr. tabella 1), si notano delle differenze retributive tra i due sessi.