#MeToo: difendersi è possibile. L’educazione è il punto d’arrivo

Stando ai dati Istat di febbraio 2018, negli ultimi tre anni, 425mila donne hanno dichiarato di avere subito molestie sul luogo di lavoro nel nostro Paese.

Un numero da capogiro. Ancor di più se si pensa che parliamo di un dato riferito a donne che hanno denunciato questi comportamenti.

Al di là del rispetto delle previsioni di legge, alle aziende spetta una riflessione. Queste condotte, infatti, hanno effetti negativi sul business, non solo con riferimento alle responsabilità nei rapporti con i dipendenti stessi, ma in termini reputazionali. Sia agli occhi delle proprie risorse, sia a quelli dei partner.

Le molestie sul luogo di lavoro, che sono vere e proprie discriminazioni (come insegnano l’art. 26 Codice Pari Opportunità e l’art. 3 D.Lgs. 215-6/03), possono avere sui lavoratori: un forte impatto negativo su morale e motivazione, innescare un altro turnover, abbassare la produttività e alimentare la pubblicità negativa sul gruppo. Lato business, invece, investitori e acquirenti potrebbero desistere dall’investire/acquisire quando, in fase di due diligence, emergerà un ambiente di lavoro “tossico”.

Di questo, oltre che di gestione della diversità e delle discriminazioni sul luogo di lavoro si è parlato in occasione dell’incontro “Come gestire il rapporto di lavoro nell’era #MeToo. Discriminare non conviene” organizzato dallo studio legale Hogan Lovells.

La tavola rotonda è partita con la dimostrazione dell’esistenza di legami tra inclusione e innovazione – entrambi aspetti su cui è stato dimostrato perché è vantaggioso investire – , per passare all’esamina del panorama normativo in materia di discriminazione, pari opportunità e molestie sul lavoro e chiudere con le implicazioni pratiche e le best practice aziendali volte a prevenire sanzioni e responsabilità e ad assicurare un ambiente di lavoro “inclusivo”.

Premesso che c’è ancora molto da fare in termini di prevenzione di molestie (stando ai dati, presentati nella mattinata di lavoro Inail/Esener 2015, circa il 30% delle aziende italiane – su un campione di 2.254­  –  ha messo in atto procedure per fronteggiare molestie e violenze sul lavoro), la prossima sfida sarà quella di spostarsi da una logica di “difesa” a una di “promozione” di una cultura etica e inclusiva. Educando le persone ad evitare certi comportamenti.

 

 

 

Gennaro Di Vittorio

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