Maire, mai progetto fu più grande
Davide Martinelli, contracts negotiation head, racconta a MAG i retroscena del mega deal da 8,7 miliardi per lo sviluppo onshore delle unità di trattamento di gas naturale del giacimento Hail and Ghasha
Lo scorso 5 ottobre, il colosso italiano d’ingegneria e tecnologia Maire si è aggiudicato la commessa più grande di sempre nella storia del gruppo: lo sviluppo onshore delle unità di trattamento di gas naturale, condotte e impianti di supporto del giacimento Hail and Ghasha, per un valore complessivo di 8,7 miliardi di dollari. Il contratto EPC siglato da Maire e dalla Abu Dhabi National Oil Company (d’ora in poi Adnoc) – proprietaria del 55% delle quote di concessione del giacimento, mentre Eni ne detiene il 25% – prevede che l’impianto, che sarà realizzato proprio ad Abu Dhabi, debba essere terminato nel corso del 2028 e che sia progettato per operare ad emissioni zero attraverso diverse unità di cattura e recupero della CO2 comprese nella struttura del giacimento stesso.
Si tratta complessivamente – insieme alla realizzazione della parte offshore del giacimento, che sarà portata a termine da Saipem per un valore di 4,3 miliardi di euro – della più grande iniziativa nel settore del gas naturale mai sviluppata da Adnoc, oltre che di un progetto strategico per la diversificazione del comparto energetico nazionale negli Emirati Arabi Uniti.
MAG ha raggiunto Davide Martinelli (in foto), contracts negotiation head of department di Maire che si è occupato direttamente della firma del contratto tra l’azienda italiana e Adnoc, nonché membro della più estesa squadra legale del gruppo coordinata dal general counsel Fabio Fagioli, per conoscere i retroscena di questa mega operazione.
Partiamo dall’inizio. Come siete riusciti ad ottenere un contratto di queste dimensioni?
Al bando avevano fatto application inizialmente vari contractor, dopodiché la selezione è andata affinandosi. Di certo Maire ha, proprio negli Emirati Arabi Uniti, una collaudata esperienza con Adnoc, che conosce le nostre capacità nell’esecuzione di grandi progetti complessi, e sa cosa siamo in grado di dare e fare.
Lei che ruolo ha avuto nella chiusura del deal?
La negoziazione ha visto, nelle sue varie fasi, il coinvolgimento di diversi membri della direzione legale e, nello specifico, della squadra di contracts negotiators che gestisco. Io sono subentrato nel 2022, quando ho iniziato a supervisionare la negoziazione da parte dei membri del mio gruppo cui era stato assegnato il progetto. Negli ultimi mesi, invece, ho partecipato direttamente e fisicamente alle negoziazioni con il cliente, che nell’ultimo periodo si sono fatte particolarmente frequenti e intense.
Quanto tempo ci è voluto per portare a termine la negoziazione?
Il contratto è il risultato di un lungo viaggio iniziato nel 2019 con l’uscita del primo bando di gara. Successivamente, nell’estate del 2022, abbiamo cominciato la negoziazione di un contratto di servizi propedeutici alla stipula dell’effettivo contratto EPC dedicato all’implementazione dell’intero progetto, cui siamo arrivati finalmente nell’ottobre 2023.
Come mai questo buco tra 2019 e 2022?
Su progetti di questa magnitudo succede abbastanza spesso che vi siano ritardi. In questo caso specifico, l’investimento da parte del cliente è stato notevole – motivo per cui ha avuto bisogno di tempo, anche perché fino ad oggi non aveva mai dato il via ad iniziative altrettanto importanti – e ci sono stati diversi dettagli da tenere sotto controllo per lungo tempo.
Per esempio?
Per esempio, il fatto che il progetto complessivo comprendesse l’assegnazione di diversi “packages”, in particolare quello per la realizzazione delle attività onshore, assegnato a noi, e quello per l’assegnazione del la parte offshore, quindi due attività da coordinare. Motivo per cui la negoziazione ha subito alcune fasi di rallentamento e altre di accelerazione improvvisa, come quella avvenuta nell’estate 2022, quando abbiamo finalizzato il primo contratto di servizi per le attività propedeutiche, e quella del 2023, culminata nella firma del contratto EPC per la realizzazione del progetto.
Da quali consulenti esterni vi siete fatti affiancare?
In realtà, viste le nostre capacità interne e l’esperienza che abbiamo acquisito negli Emirati Arabi Uniti, la negoziazione del contratto in sé è stata demandata esclusivamente alle competenze in house. Ci siamo invece affidati a consulenti esterni per quel che concerne le tematiche fiscali. Nello specifico, il nostro dipartimento fiscale si è avvalso dei pareri di Deloitte (UEA) ed E&Y (UAE).
Qual è la relazione tra Maire e il Medio Oriente?
I primi rapporti con il Medio Oriente risalgono a una cinquantina di anni fa, quando una società del gruppo realizzò un primo impianto di urea. Negli Emirati Arabi Uniti, a partire dagli anni ’90, abbiamo contribuito allo sviluppo dell’industria di trasformazione delle risorse naturali con diversi progetti strategici. Ma la nostra presenza si estende anche ad Arabia Saudita, Oman e Qatar.
Quali difficoltà avete incontrato durante la negoziazione?
La difficoltà maggiore, per progetti così strutturati e clienti che tendono a imporre le proprie previsioni contrattuali, è riuscire a stabilire un dialogo continuo e costante che permetta di far comprendere al cliente quali sono le nostre preoccupazioni a livello contrattuale (come l’allocazione delle responsabilità o il fatto che alcune tematiche particolarmente sensibili che derivano dal contratto debbano essere regolate in modo efficiente) e di adottare quindi le mitigazioni più equilibrate. Nell’ambito di questa offerta, sebbene vi siano stati momenti di dialogo duro, siamo riusciti ad ottenere alla fine l’apertura e il bilanciamento in cui speravamo.
Mantenere il dialogo aperto sembra quindi fondamentale. Come è riuscito a farlo in qualità di legale?
Innanzitutto c’è una grande differenza tra parlare a distanza e farlo in presenza, guardandoci negli occhi. Io mi sono trattenuto in loco per diverse settimane. E questo è avvenuto anche perché pure Adnoc ha puntato molto sul dialogo in presenza.
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