L’Italia senza i migranti è un Paese dell’altro mondo

Che cosa succederebbe se ci svegliassimo un mattino e scoprissimo che tutti gli immigrati regolari sono scomparsi? È quello che ha tentato di immaginare – non senza una buona dose di fantasia – il film di Francesco Patierno Cose dell’altro mondo, uscito nel 2011 ma ancora terribilmente attuale.

Il lungometraggio è una fiaba paradossale sul tema del razzismo e dell’integrazione, tanto difficile quanto necessaria. Sì perché quello che il film immagina è che gli immigrati, invitati per l’ennesima volta a «prendere il cammello e tornare a casa loro» (come dice uno dei protagonisti del film interpretato da Diego Abatantuono), tolgano davvero il disturbo. Un disturbo che presto si trasforma però nel suo opposto: il bisogno di vederli tornare.

La loro sparizione improvvisa provoca infatti il caos: negozi e scuole vuote, aziende rimaste senza manodopera, anziani senza badanti e case senza collaboratori domestici. Un disastro. Lo stesso che forse succederebbe se quello che il film si limita a immaginare accadesse davvero.

A dispetto di tutti i luoghi comuni (più stupidi che razzisti) gli immigrati sono, infatti, fondamentali per l’economia del nostro Paese. E lo dimostra anche l’ultimo rapporto del centro studi di Confindustria uscito proprio in questi giorni. Secondo il dossier il «contributo diretto del lavoro degli stranieri in Italia ha superato i 120 miliardi di euro nel 2015, l’8,7% del Pil complessivo».

Ma non solo: secondo Confindustria «la presenza di immigrati ha, negli anni di espansione, (1998-2009) innalzato la crescita del Pil di 3,9% punti percentuali (dal 10,5% al 14,4%), e negli anni della crisi (2008-2015), ha limitato la sua discesa di tre punti, (da -10,3% a -7,3%)».

I dati sfatano anche un altro luogo comune: quello secondo il quale la presenza di lavoratori stranieri toglierebbe possibilità di lavoro agli italiani. «Gli immigrati – dice il rapporto – non rubano lavoro agli italiani». E anche quando hanno una laurea o un diploma, tendono a svolgere lavori non qualificati e meno remunerati, che spesso gli italiani si rifiutano di fare.

Il rapporto descrive quindi un’Italia che non si allontana poi così tanto da quella descritta nel film di Patierno: un Paese paradossale, quasi dell’altro mondo, che fa ancora fatica a guardarsi allo specchio e ad accettare una faccia di tanti colori.

 

 

Gennaro Di Vittorio

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