L’in house counsel non è un costo ma un’opportunità
Quanti sono gli in house counsel in Italia? MAG lo ha chiesto a Raimondo Rinaldi general counsel di Esso Italiana e dal 2013 presidente di Aigi, l’associazione italiana dei giuristi d’impresa. «Difficile dirlo con precisione ma, se guardiamo a Paesi simili al nostro, come la Francia, possiamo ipotizzare che siano almeno 5mila. Se poi nel conteggio includiamo gli avvocati di istituzioni e aziende pubbliche, e municipalizzate il numero sale ancora», risponde l’avvocato. Eppure, gli iscritti all’Aigi, la più grande associazione di legali d’azienda in Italia, sono solo 1200.
Come mai così pochi? «Far parte di un’associazione non significa solo aspettarsi qualcosa, ma contribuire attivamente. In generale, in Italia non abbiamo un grande desiderio di collaborare individualmente alle cose – spiega Rinaldi – . Poi probabilmente anche noi non riusciamo a renderci abbastanza visibili, ma ci auto sovvenzioniamo e quindi abbiamo dei limiti di risorse».
Il 2019 sarà per Rinaldi l’ultimo anno alla presidenza dell’associazione, a cui si è iscritto negli anni ’90, e per cui ha guidato tra il 2007 e il 2013 la sezione territoriale del Centro e del Sud. «I giovani devono prendere la fiaccola, l’associazione è di ogni socio e ciascun membro deve farsi quindi coraggio, partecipare attivamente e portare avanti le proprie idee. Facendo così potremo moltiplicare le forze e, conseguentemente, le iniziative», ha dichiarato a MAG il giurista. La redazione lo ha incontrato per parlare con lui dell’evoluzione della professione a oggi e nel prossimo futuro. Ecco cosa ci ha detto.
Avvocato Rinaldi, dal suo osservatorio qual è lo stato della professione oggi?
C’è una maggiore attenzione, rispetto al passato, e un grandissimo interesse verso la professione del giurista d’impresa da parte delle nuove leve. Sono sempre più giovani i colleghi interessati all’attività all’interno di un’azienda.
Come mai, secondo lei?
Per due ragioni a mio avviso. Anzitutto negli ultimi 15 anni, la figura del giurista di impresa ha acquistato maggiore visibilità e sono cambiate le modalità di assistenza oltre che la percezione dei clienti interni. In secondo luogo, lavorare all’interno di un’azienda consente di sperare in un migliore bilanciamento tra vita personale e professionale, un elemento sempre più importante per le nuove generazioni
In che modo?
Quando io ho iniziato, nelle aziende il giurista viveva in una torre d’avorio, rilasciava il suo parere senza preoccuparsi troppo dell’obiettivo finale di business, né quale valore aggiunto potesse portare alla società. Oggi accade il contrario. L’avvocato viene valutato proprio per i risultati che porta nel raggiungimento degli obiettivi di business. Questo ha reso il lavoro anche più interessante perché non si viene più coinvolti soltanto nel momento patologico, ma anche quando si costruisce l’offerta, la proposta, la strategia.
Guardando al futuro, che sviluppi intravede ancora per la professione del legale d’azienda?
Anzitutto uno sviluppo in termini di diffusione. In Italia ci sono molte società, grandi e medio piccole, in cui l’esigenza di avere un legale al proprio interno non è ancora pienamente sentita. Eppure, l’evoluzione della normativa e la globalizzazione hanno complicato il mondo aziendale. È ancora diffusa la tendenza di vivere l’in house counsel più come costo che come opportunità…
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