Legali in house e la sfida del futuro
I giuristi d’impresa si interrogano sugli impatti dell’AI a 10 anni
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Che aspetto avrà la direzione legale in house tra 10 anni? È stata questa la domanda con cui si è aperta l’opening conference degli Inhousecommunity Days 2023.
Impossibile, pensando a una risposta, non fare riferimento agli strumenti di intelligenza artificiale (AI) che si stanno facendo sempre più spazio anche all’interno del mercato giuridico. Sta già succedendo: grazie alle nuove tecnologie, i giuristi d’impresa e i loro omologhi del libero foro riescono a prendere decisioni in modo ben più rapido ed efficiente rispetto al passato. Riescono ad automatizzare mansioni come la revisione dei documenti e la ricerca, concentrandosi così su attività più sostanziali. Riescono anche ad ottenere risultati più precisi e completi di quanto non possa fare il solo lavoro manuale, e quindi ad avere accesso a dati migliori nel momento in cui devono prendere decisioni.
Secondo le stime di Deloitte Legal presentate da Carlo Gagliardi (in foto sotto), managing partner della law firm per l’area nord e sud Europa presente fra gli speaker dell’opening conference, già oggi il 25% del lavoro di un legale viene eseguito dall’AI. Questa percentuale è destinata a crescere: entro i prossimi 12 mesi sarà già a quota 40% e tra 3 anni avrà di poco superato il 60%. Queste cifre non sono distanti da quelle ipotizzate da altre ricerche. Goldman Sachs, fra le altre, ha calcolato che entro il 2026 il 60% delle attività legali sarà portato a termine con l’aiuto dell’AI, mentre il 40% sarà eseguito al 100% senza più necessità di intervento umano. Per McKinsey, invece, l’automazione tecnica nel settore legale raggiungerà livelli del 62%.

Nella varietà dei compiti di un legale, poi, ci sono attività più adatte ad essere svolte dall’AI e altre meno. Facciamo qualche esempio sempre utilizzando le stime di Deloitte Legal: il 90% delle mansioni preposte al knowledge management sarà preso in carico dalle macchine nei prossimi tre anni, così come l’80% di quelle preposte alla ricerca, l’80% di quello che comprende la stesura di note e promemoria, il 70% della redazione di documenti e il 70% della due diligence.
«Ecco perché chiedersi che aspetto avrà la direzione legale del futuro non può prescindere dal modo in cui saranno gestite le attività legali all’interno dell’azienda», ha commentato Gagliardi, precisando che «sicuramente sarà una direzione fatta di automazione, di analisi dei dati e di competenze giuridiche insieme, e non più solo di analisi del diritto, com’era invece un tempo. Questa, d’altronde, è anche la sintesi del concetto di “azienda digitalizzata”, che non significa semplicemente che all’interno degli uffici si usano e-mail e telefoni cellulari, ma che le scelte strategiche si basano sull’analisi dei dati. E se l’analisi dei dati si dimostra efficace, si è in grado di profilare i bisogni dei propri clienti e proporre soluzioni sulla base di esigenze reali».
Insomma, guardando ai numeri presentati da Gagliardi, sembra che le trasformazioni del mercato legale in house importate dall’AI avranno un impatto innanzitutto sulle diverse mansioni di cui questo mercato è composto. Le direzioni aziendali saranno sempre più contaminate da persone che non parleranno più unicamente di legge, ma che saranno sempre più abituate a trattare temi come la gestione dei dati, la gestione del management e dei processi.
La pensa così anche Umberto Simonelli (in foto sotto), chief legal & corporate affairs officer e company secretary di Brembo, che della direzione legale del futuro ha un’immagine precisa. «Fisicamente – ha detto durante l’opening conference degli Inhousecommunity Days – visualizzo un grande open space, con spazi dedicati alla condivisione, ma anche schermi molto grandi per supportare la comunicazione a distanza. Vedo una squadra composta sia da legali sia da persone preposte a gestione dell’AI, con una divisione tayloriana dei compiti». E ha sottolineato: «Mi immagino anche, dall’altro lato, che l’accelerazione tecnologica potrà creare disagio alle persone, e non solo perché sarà richiesto loro di portare a termine i loro compiti sempre più velocemente, ma anche perché l’utilizzo della macchina toglie spazio alla relazione fisica. E questo non contribuisce a creare luoghi di lavoro attrattivi. Per questo motivo, le direzioni legali del futuro avranno anche spazi dedicati al relax. L’obiettivo sarà lavorare in modo più efficiente grazie alla tecnologia, ma preservando sempre il ruolo centrale della persona e delle sue capacità».

Tutta l’efficienza, la comodità e la rapidità dell’intelligenza artificiale, in effetti, devono per forza bilanciarsi con gli effetti collaterali dell’avanzamento tecnologico: i bias algoritmici, i pericoli a livello cyber, la visibilità dei dati sensibili e personali e la possibilità di furto.
E poi c’è un’altra cosa: i sistemi di intelligenza artificiale sono stati plasmati dall’essere umano sulla base di valori e bisogni squisitamente attuali e attinenti al funzionamento del presente. Chi ci dice che la direzione legale avrà questi stessi valori e bisogni?
Per Emiliano Berti (in foto sotto), head of legal & compliance per l’Europa di Nokia e fra gli speaker della conferenza, «in tema di AI, stiamo assistendo ad una lotta senza esclusione di colpi tra i maggiori player del settore per sviluppare quello che in questo momento sembra l’orizzonte tecnologico cui il mondo aspira. Eppure, si sono già levate non poche voci sui rischi di uno sviluppo dell’AI senza le dovute barriere di protezione e senza regole chiare sullo sviluppo delle “macchine pensanti”. Ad oggi, in effetti, il processo aggregante di dati storici utilizzati dall’AI non è esente da errori, poiché l’attività di filtraggio potrebbe far selezionare delle informazioni erronee che porterebbero inevitabilmente ad un risultato errato, sebbene considerato accurato dal sistema, proprio perché frutto di un modello addestrato con dati controversi – validi oggi ma non necessariamente validi domani».

«Assisteremo dunque alla costituzione di direzioni legali guidate da un’intelligenza artificiale, sostitutiva dell’essere umano? Dipende, ma la possibilità che ciò avvenga sarà anche direttamente proporzionale alla capacità di educare la macchina ad implementare algoritmi non distorti, non discriminatori, non opachi e, quindi, non erronei», ha poi aggiunto Berti.
Il tema dei rischi delle nuove tecnologie è stato anche al centro dell’intervento di Marta Staccioli (in foto sotto), senior legal counsel per Italia, Grecia e Cipro di Google, che durante la conferenza ha affermato: «Trovo che 10 anni siano un tempo troppo breve perché i sistemi di AI possano avere un impatto sostanziale sugli uffici legali per come li conosciamo oggi e sul tipo di lavoro condotto al loro interno. Non a caso, la necessità delle aziende, in questo momento, è di avere dei giuristi dedicati ad eseguire disamine relative ai rischi che l’AI può portare e che garantiscano che sul mercato vengano lanciati solo prodotti vagliati legalmente, esattamente come richiesto dalle normative vigenti. Questo non cambierà in futuro. Anzi, la preoccupazione sociale che la rivoluzione digitale ha scatenato con il suo esordio richiederà sempre più attenzione. Insomma, non credo ci sia lo spazio per grandi stravolgimenti a livello di uffici legali nel giro dei prossimi 10 anni. Certamente l’AI sarà messa sempre più a servizio dei team interni ed esterni, ma questa non è una novità: già oggi gli avvocati utilizzano strumenti di automazione per semplificare il lavoro e migliorarne la qualità».

Staccioli ha fatto riferimento ad attività come il tracking dei progetti e di casi di contenzioso, a funzioni compilative ma anche all’analisi del testo – esempi di pratiche, questi, che richiedono tanto tempo e tanta attenzione da parte del legale che le esegue.
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