Legal counsel: “Seguire l’esempio olandese”
Italia e Francia hanno molto in comune. E non si tratta solo delle eccellenze enogastronomiche o dell’origine latina delle lingue nazionali. I due Paesi sono simili anche dal punto di vista del (non) riconoscimento giuridico del legale d’impresa. Se, infatti, in Italia il legal counsel è legato all’azienda da un rapporto di lavoro subordinato, non può iscriversi all’Ordine degli avvocati e non può quindi godere di quei privilegi che ha invece chi pratica la libera professione, in Francia la situazione non è molto diversa. Nonostante questa figura professionale sia stata riconosciuta con la legge 1259/1990, anche qui il giurista d’impresa non è considerato un vero avvocato.
Abbiamo cercato di capire qual è la situazione francese con l’aiuto di Stéphanie Fougou (nella foto), general counsel di Vallourec e presidente di Afje, l’associazione francese dei giuristi d’impresa. In Italia, l’avvocatura si rifiuta ancora di riconoscere ai general counsel l’iscrizione all’Albo.
In Francia come vanno le cose?
Sfortunatamente la situazione francese non è molto diversa da quella italiana. E questo anche dal punto di vista del legal privilege. La mancanza di riservatezza che caratterizza le consulenze e i pareri dati dai giuristi d’impresa ai dirigenti aziendali è un’eccezione presente solo in Francia e in Italia.
Quali sono le conseguenze di questa situazione?
La mancanza del legal privilege non permette ai giuristi di lavorare serenamente e inoltre non consente di esprimere la loro creatività. La conseguenza di tutto ciò è una forte discriminazione delle nostre aziende rispetto alla concorrenza straniera.
In che senso?
Solo per fare un esempio, le nostre imprese non possono ricevere consulenze dai loro giuristi senza rischiare di vedere queste stesse consulenze utilizzate contro di loro nel corso di indagini e processi. Inoltre ciò limita anche il ricorso a procedimenti tipici del diritto anglosassone come le class action o le discovery action.