Italia in controtendenza: +5% di attrattività per gli investitori post-Covid. Il report

Potrà sembrare controintuitivo. Ma nel 2020, nonostante la crisi sanitaria che ha colpito il nostro Paese più di molti altri, il numero di investimenti diretti esteri (ide) destinati all’Italia è aumentato di 5 punti percentuali rispetto al 2019. Non solo: il 48% dei manager internazionali si dichiara pronto ad espandere le proprie attività nel nostro Paese, e oltre il 60% è convinto che nei prossimi tre anni l’Italia avrà migliorato la competitività a livello europeo.

Sono alcuni dei dati emersi dall’EY Europe Attractiveness Survey, studio che ha analizzato l’andamento degli investimenti esteri in Europa intervistando oltre 550 manager a livello globale, di cui 102 relativamente all’Italia.

L’Italia è dunque uno dei pochi paesi UE la cui attrattività è cresciuta nel post-pandemia. Meglio di noi Svizzera (+25%), Finlandia (+23%) e Turchia (+18%); tra i peggiori saltano all’occhio Ungheria (-54%), Spagna (-27%), Paesi Bassi (-24%), Russia (-26%) e fanno registrare risultati negativi anche Francia (-18%), UK (-12%), Germania (-4%). La media complessiva europea si attesta a un perentorio -13%.

Per l’Italia i settori trainanti risultano essere quello dei servizi B2B (13% degli investimenti), software e IT (12%), logistica e wholesale (12%), finanza (8%) e farmaceutico (7%). La fetta più consistente proviene dagli USA: è statunitense un quarto del totale degli investimenti diretti (24%). Seguono Francia (16%), Germania (12%) e UK (9%).

Si registra ancora, tuttavia, una marcata differenza tra le varie zone del Paese. Il Nord-ovest attira ancora quasi il 60% degli investimenti, che diventa l’82% se si comprende anche il centro Italia. Le ragioni di questa discrepanza vanno ricercate nella presenza in queste zone dei distretti industriali più innovativi in settori come meccatronica, lusso e design, mobile, tessile e biomedicale. Ma un ruolo lo giocano come sempre, a livello nazionale, le incertezze normative (il fattore più urgente per il 58% degli intervistati) e la troppa burocrazia (55%).

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