Quote rosa nei cda, che confusione!

Il 2020 inizia con almeno un grande punto interrogativo per le società quotate, quello sulle quote rose nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali.

Ci eravamo lasciati a dicembre scorso con l’approvazione in Senato dell’emendamento che proroga e rafforza la legge Golfo-Mosca che prevedeva che la quota di un terzo di partecipazione femminile ai consigli di amministrazione delle società quotate salisse al 40%, e si applicasse, per sei mandati consecutivi, sia ai board che ai collegi sindacali. Fino a qui sembrava tutto chiaro.

I dubbi sono arrivati nei giorni immediatamente successivi, a seguito del doppio intervento normativo sulle quote rosa, e cioè le modifiche al decreto fiscale L. 157/2019 (Conversione del D.L. 124/2019 – Decreto Fiscale) entrate in vigore il 25 dicembre – che hanno disciplinato l’estensione per altri tre mandati (9 nove anni) della Legge Golfo-Mosca prevedendo una percentuale un terzo del genere meno rappresentato – e poi la L. 160/2019 (Legge di Bilancio 2020) in vigore dal 1 gennaio – che ha innalzato a due quinti (40%) la percentuale del genere meno rappresentato ed esteso l’applicazione della legge per sei mandati consecutivi (18 anni) a partire dalla stagione assembleare 2020.

Dunque, due provvedimenti diversi, a sette giorni di distanza l’uno dall’altro, che disciplinano in modo differente la stessa materia. Sebbene gli esperti sostengano che per il principio della lex posterior derogat legi priori la seconda modifica introdotta sia quella da seguire, il dispositivo normativo è un rompicapo per le quotate per due aspetti fumosi in particolare: le tempistiche di introduzione della norma e la composizione dei collegi sindacali.

Partiamo dai tempi. La legge deve applicarsi già a partire già dal rinnovo delle cariche sociali previste per aprile 2020 oppure soltanto una volta esaurito l’ultimo mandato con il rapporto di un terzo previsto dalla Legge Golfo-Mosca? Nel caso in cui l’applicazione sarà confermata già in occasione del primo rinnovo utile, potrebbe introdurre un significativo aggravio procedurale e sostanziale. Infatti le società, che nelle previsioni statutarie richiamano espressamente la percentuale di un terzo, dovranno modificare gli statuti. Nel caso in cui la modifica fosse considerata come mero adeguamento normativo potrebbe procedere direttamente il Consiglio, purché sia prevista statutariamente la delega, serviranno però due riunioni consiliari prima della campagna assembleare 2020 che dovrà procedere al rinnovo degli organi sociali.

Passiamo alla composizione del collegio sindacale. La percentuale dei due quinti è difficilmente applicabile nei collegi composti da tre membri – come nella maggior parte delle quotate – visto che è matematicamente impossibile che entrambi i generi raggiungano il 40%. Questo potrebbe comportare l’obbligo per numerose società di dotarsi di un collegio sindacale di cinque membri effettivi. Ciò inciderebbe anche sull’autonomia statuaria in merito alla composizione dell’organo di controllo riconosciuta dal codice civile.

I due nodi vanno sciolti in fretta dal momento che i rinnovi delle cariche sono previsti entro fine marzo e che sulle sanzioni invece è tutto chiaro. In caso di inottemperanza alle previsioni di legge, infatti, le sanzioni amministrative possono arrivare fino a un milione di euro per i cda e a 200mila euro per i collegi sindacali.

Ad ogni modo, in attesa di chiarezza, una buona strategia per le aziende potrebbe essere quella di non perdere ulteriore tempo e provare a fare quello che si è fatto in altre occasioni con altre normative, una fra tutte la compliance. Quante società sostengono orgogliosamente di aver superato le previsioni di legge? Potrebbe essere una scelta intelligente anche in questo caso. E qualche azienda l’ha già capito, modificando gli statuti già a fine 2019. Del resto, un provvedimento che supporti la rappresentanza femminile nel mondo aziendale era ed è, a mio avviso, sacrosanto, soprattutto dopo i successi della Golfo-Mosca di cui abbiamo scritto e parlato più volte…

Gennaro Di Vittorio

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