Infojobs: smart working entro il 2020 sarà realtà
Entro il 2020 lo smart working diventerà un’abitudine di uso comune per il 70% delle imprese italiane. Per il 21% infatti verrà adottata dalla maggior parte delle aziende e per ben il 49% sarà la norma per le imprese di servizi/beni immateriali mentre più difficilmente si potrà estendere al resto del tessuto produttivo.
A rivelarlo è un’indagine realizzata da InfoJobs – la piattaforma per la ricerca di lavoro online in Italia, con 4 milioni di profili registrati e oltre 4.000 aziende attive nel 2017 – intervistando le imprese italiane per sapere cosa pensano di questa modalità di lavoro in mobilità fuori dalla sede aziendale, un’agevolazione di cui già godono molti dipendenti all’estero e che sta iniziando a diffondersi in Italia, anche grazie alla legge 81/2017.
Ad oggi, il 39% delle aziende ha già implementato politiche di smart working. Di queste, il 27% lo ha attivato solo per alcune aree funzionali, mentre il 12% ha coinvolto tutti i dipendenti.
Il 12% delle imprese ne prevede l’introduzione entro due anni. Quasi la metà delle aziende intervistate è però ancora reticente (49%), una percentuale in diminuzione dell’11,5% rispetto al 2016. Di questi, il 41% non ha intenzione di implementare lo smart working per motivi interni mentre l’8% non lo fa per mancanza di supporti tecnologici.
Tra i vantaggi dello smart working le aziende citano il fatto che questa attività sia considerata una leva strategica per attrarre nuovi talenti, che lo vedono come un elemento differenziante nel 37% dei casi o comunque come un incentivo su cui far leva insieme anche ad altri elementi quali il grado di responsabilità e le condizioni economiche nel 42%. Il 78% lo ritiene infatti un valore che potrebbe migliorare la qualità della vita dei dipendenti, la loro motivazione e inciderebbe positivamente sulla produttività e per il 59% porterebbe comunque un cambiamento positivo, anche se soltanto in alcune aree e non in tutti settori o per tutte le posizioni.
Una delle maggiori preoccupazioni e quindi reticenze nell’adottare lo smart working riguarda la troppa libertà del dipendente e il controllo della produttività. Per monitorare l’attività svolta durante lo smart working e valutare così la produttività del dipendente, il modo migliore è quello della verifica con il proprio responsabile degli obiettivi prefissati. Solo una piccola parte delle aziende indica metodi più radicali come un report a fine giornata (16%) o addirittura un controllo informale per accertarsi l’effettiva reperibilità del lavoratore (12%).