Il gatto a due code

di michela cannovale

QUESTO ARTICOLO COMPARE NELL’ULTIMO NUMERO DI MAG. SCARICALO A QUESTO LINK

Quanti di voi conoscono il gatto a due code? Chiamato anche nekomata, trattasi di un felino appartenente alla mitologia giapponese dotato di poteri necromantici e sciamanici. Ciò che lo caratterizza, oltra alla capacità di muoversi sulle zampe posteriori, è la presenza di una seconda coda che si origina dalla stessa base da cui parte la prima. La sua comparsa avverrebbe, secondo le credenze, quando il felino raggiunge il decimo anno d’età – è questo, peraltro, il motivo per cui fino al XVII secolo ai cuccioli di gatto veniva mozzata la coda: per evitare che si trasformassero in temibili nekomata!

Nella realtà questo felino non esiste, ma l’associazione mi è venuta spontanea riflettendo su quanto accade ancora oggi nei seggi elettorali italiani in occasione delle elezioni: la divisione in due code ben distinte per genere. Da una parte le donne, dall’altra gli uomini. Da una parte il registro rosa, dall’altra quello azzurro. La ragione dei due registri, comunque, è presto detta: trae origine dal decreto del febbraio 1945 (poi confermato da una legge del 1967) che estendeva il diritto di voto anche alle donne e ordinava, all’art. 2, che “la compilazione di liste elettorali femminili” fossero “separate da quelle maschili”.

Passi, dunque, per quanto vetusta, la divisione dei registri. Che ci volete fare, la legge è legge. Peccato che la prassi di separare anche le file non dipenda da alcuna norma. Solo di prassi, appunto, si tratta. Un’abitudine legata alla presenza delle due liste. Di cui tuttavia la comunità Lgbt+ si sta lamentando da tempo, poiché proprio questa usanza va a ledere i diritti delle persone non binarie, trans e intersessuali, obbligandole a un coming out forzato nel momento in cui, una volta al seggio, devono mostrare i propri documenti anche qualora non abbiano ancora avuto accesso alla riassegnazione di genere a livello anagrafico.

Alcuni sindaci ci sono arrivati: quello di Milano, Giuseppe Sala, e quello di Padova, Sergio Giordani, in particolare, proprio in occasione delle elezioni europee di giugno, hanno proposto ai presidenti di seggio un vademecum non obbligatorio per eliminare la doppia fila – e qui permettetemi di aggiungere: per evitare che l’esperienza del voto si trasformasse nel bruto nekomata.

Ora che ci penso, non è che hanno preso spunto dalla pratica di mozzare la coda ai gatti in uso fino al XVII secolo?

Battute a parte, parlo di tutto questo nell’ultimo episodio di Diverso sarà lei insieme a Roberta Parigiani (in foto), avvocata co-fondatrice dello studio legale senese Picci Parigiani e attivista di MIT, Movimento di identità trans. Buon ascolto!

michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

SHARE