Hufford, in house pro, da legale interno a general counsel

Wendy Hufford (nella foto) ne ha viste davvero tante. Avrebbe potuto iniziare la sua carriera in un grande studio legale di New York, ma è entrata in azienda molto presto. Accettando di entrare nel dipartimento legale in house di The General Electric Co., un ufficio che ha funto da incubatore per diversi giuristi d’impresa e i cui alumni si trovano oggi nelle direzioni legali di diverse aziende nel mondo. Successivamente, ha lavorato nei settori dei servizi sanitari e farmaceutico. Ora, dice, è tornata a casa, a New York. Stavolta, la differenza, è che è lei la general counsel, e lo è della catena di negozi Ascena, che distribuisce marchi come Ann Taylor, Loft e DressBarn. Hufford è riuscita a fare tutto questo, tirando su otto figli, molti dei quali sono ormai cresciuti e in carriera.

In Ascena, Hufford guida un dipartimento di 37 professionisti, tra cui 22 avvocati. MAG l’ha incontrata per farsi raccontare cosa significa essere general counsel per la prima volta, come allineare il team agli obiettivi aziendali e perché ha scelto di lavorare in azienda.

Cosa vuol dire essere general counsel per la prima volta? Ci si sente da soli a stare ai vertici?

No. Si arriva in una nuova organizzazione e si fa un lavoro diverso. Ci sono tre collegi in una società pubblica. Il consiglio di amministrazione, per cui si lavora come guida, si creano relazioni e ci si assicura che le riunioni procedano senza intoppi. Il secondo è l’amministratore delegato e il top management, bisogna farli sentire al proprio agio e guadagnare la loro fiducia. E poi la terza e ultima parte del lavoro è quella di gestire, guidare e creare una visione per l’ufficio legale.

Adesso che è general counsel si trova a lavorare di più coi non avvocati, vero?

È davvero interessante e stimolante avere per capo un non-avvocato. Prima, in qualità di avvocati avevo dei clienti, ma avere come responsabile qualcuno che non è avvocato, mi ha dato una prospettiva diversa.

Ha lavorato in diversi settori e anche in uno studio legale. Anche all’inizio della sua carriera, ha deciso consapevolmente di voler lavorare in azienda?

Non è stato intenzionale. Quando ero avvocato in Davis Polk (and Wardwell, un grande studio di New York, ndr) e lavoravo coi clienti, ho visto la differenza tra la vita di chi lavorava all’interno studio legale e di chi invece stava in azienda. Ho notato la diversità dei due ruoli. E ho capito che la dimensione in house era più adatta a me. Mi sembrava che potesse avvicinarsi di più al mio modo di essere, più proattivo, coinvolgermi prima, prevenendo un problema prima che si presentasse. In uno studio legale, in particolare in un dipartimento di contenzioso, quando si veniva coinvolti il problema era già sorto. E poi mi piaceva l’idea di poter entrare in azienda e trovare aree di miglioramento.

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Gennaro Di Vittorio

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