In house, la rivoluzione continua
di Anthony Paonita
Se una sola frase potesse riassumere cosa è accaduto quest’anno nel mondo dei servizi legali anglofono, sarebbe una citazione de Il Gattopardo, del romanziere siciliano Giuseppe Tomasi di Lampedusa: “Tutto deve cambiare perché tutto resti come prima”. In superficie, pare che tutto sia rimasto uguale; gli studi legali esistono ancora, così come i clienti e le direzioni legali in house.
Ma dietro questa calma apparente, tutto sta davvero cambiando. La tecnologia sta trasformando i contenziosi e i contratti. Gli studi legali, perlomeno quelli più lungimiranti e in sintonia coi cambiamenti, offrono nuovi servizi. Nuovi player, come i fornitori di servizi legali alternativi, si avvicinano sempre più agli studi legali, mentre altri competitor, come le Big Four, stanno acquisendo una fetta consistente del mercato legale. Il tutto accade mentre incombe lo spettro dell’incertezza politica, tra le guerre commerciali accese dall’amministrazione Trump e la Brexit, finora ritardata. Senza dimenticare gli sforzi legislativi in corso per proteggere la privacy dei dati e frenare l’uso dei dati dei consumatori da parte dei giganti della tecnologia.
Tutte queste dinamiche si manifestano in un contesto in cui le legal operations diventano sempre più rilevanti. Inizialmente le “legal operations” erano terreno battuto da pochi avvocati, quelli con un talento per la matematica e ossessionati dalla riduzione della spesa legale. Tagliare era spesso un imperativo aziendale, ma anche un modo per mostrare ai vertici del gruppo che gli avvocati in fondo al corridoio comprendevano anche il business e l’eterna esigenza di efficientamento operativo. Ora, le legal operations sono diventate un sotto-settore, con una grande organizzazione professionale e star del comparto tra i relatori di conferenze.
Riflettendo su quanto scritto nel corso dell’ultimo anno, MAG si è confrontato con gli esperti per dare un’occhiata, più da vicino, a ciò che il 2019 ci ha portato.
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