Hoshin Corporate Finance: 1 azienda su 3 a rischio “infinanziabilità”
Un’azienda su tre è a rischio “infinanziabilità” a causa di debiti accumulati con il sistema bancario per quasi 289,6 mld, nonostante un valore di crediti inespressi verso clienti per 240,1 mld.
Lo rileva l’analisi effettuata dalla società di consulenza finanziaria Hoshin Corporate Finance, sui bilanci di un campione di 28.341 aziende italiane con un fatturato superiore a dieci milioni di euro.
Se da un lato una parte ha visto migliorare il proprio profilo finanziario, dall’altro molte aziende si sono trovate ad affrontare importanti cali di marginalità.
La quota delle imprese maggiormente in affanno, che hanno un Ebitda totalmente negativo, sono aumentate dal 2019 al 2020 del +48%, passando dal 6% al 9% sul totale delle imprese analizzate. Se si guarda al settore, la percentuale più alta di aziende infinanziabili si registra nelle “attività dei servizi di alloggio e di ristorazione”, pari al 54% sul totale del comparto. Seguono “l’agricoltura, silvicoltura e pesca” (47%) e “sanità e assistenza sociale” (46%). Dal punto di vista quantitativo, invece, il numero più alto di aziende critiche si registra nell’industria manifatturiera (13,1%), seguito dal commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli (10,3%).
Nonostante i quasi 289,6 mld di debiti accumulati verso il sistema bancario – di cui quasi 153,3 mld a breve termine e quasi 136,3 mld a medio lungo termine -, che rendono difficilmente finanziabile la loro attività, queste imprese vantano un capitale “positivo” importante da poter sfruttare, pari a 240,1 mld di crediti verso i loro clienti. In altre parole, debiti verso le banche e crediti verso clienti quasi si equivalgono.
«L’analisi mostra le tante difficoltà che gli imprenditori italiani sono stati costretti ad affrontare negli ultimi anni -ha dichiarato Massimo Boccoli, Founding Partner di Hoshin Corporate Finance- Eppure, i bilanci non raccontano tutto. L’entità e la qualità dei crediti detenuti dalle imprese ci dice che il tessuto produttivo del Paese ha comunque grandi potenzialità. Per esprimerle occorrono strumenti finanziari alternativi che permettano di avere accesso alle linee di credito senza pesare sui bilanci, soprattutto in questo momento in cui si registra un aumento sensibile dei costi delle materie prime e dell’energia che impattano sulla continuità aziendale. Proprio come il factoring, strumento che sta iniziando a diffondersi non solo tra le grandi aziende ma anche tra le PMI italiane, sia virtuose sia in difficoltà».