Great resignation: uno studio legale su quattro toccato dal fenomeno

di giuseppe salemme

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Gli analisti statunitensi che l’hanno portato alla luce hanno potuto divertirsi non poco quando si è trattato di dargli un nome. Per gli amanti dei monosillabi c’era “Big Quit”. Sarà stato certamente un giocatore di carte ad azzardare un “Great Reshuffle”. Ma alla fine ha preso il sopravvento, come spesso accade, la forma più altisonante: “Great Resignation”, in italiano “grande dimissione”.

Ad aprile 2021, il boom: un anno fa lasciavano il lavoro ben 4 milioni di americani; il giugno seguente altri 3,9 milioni. I tassi di dimissioni di alcuni settori (food e retail su tutti) erano raddoppiati, e diverse ricerche registrarono come il 40% dei lavoratori globali, e addirittura il 65% degli impiegati su suolo Usa stesse cercando un nuovo lavoro. Come spesso accade, in seguito altri Paesi hanno vissuto le stesse dinamiche, Italia compresa.

Diversi fattori sono stati indicati come responsabili delle grandi dimissioni: i salari stagnanti rispetto al costo della vita, le difficoltà sul lavoro dovute all’emergenza sanitaria. Qualcun’altro riconduce il tutto a un fisiologico “recupero”: l’incertezza di inizio pandemia aveva fatto crollare i tassi di dimissione, e quindi il successivo boom sarebbe dovuto anche a tutte quelle dimissioni in realtà “in pancia” dall’anno prima.

Ma alla base di tutto secondo la maggior parte dei commentatori c’è l’insoddisfazione per il proprio lavoro, palesata e accentuata dalle sofferenze dei lockdown pandemici e dalla scoperta del lavoro da remoto. 

GREAT RESIGNATION FORENSE?

In Italia, dicevamo, i segnali di questo fenomeno ci sono tutti. E anche il mondo degli studi legali organizzati non sembra immune.
MAG, in particolare, ha voluto indagare il fenomeno, per capire come ha interessato il mondo “dorato” degli studi legali d’affari. Alcuni indizi c’erano: sempre più studi negli ultimi mesi hanno comunicato l’implementazione di nuove policy di remote working e altre azioni indirizzate a collaboratori e dipendenti, con l’evidente intento di mantenersi appetibili nel mercato del lavoro post-pandemico.

Diversi managing partner italiani parlano di talent acquisition e talent retention come le due più grandi sfide dei prossimi anni, per un mestiere che, per quanto generalmente ben retribuito, certamente non fa per tutti. Forse l’aveva capito anche Jonathan Kewley, tech lawyer anglosassone, che nella sua candidatura per la guida degli uffici londinesi di Clifford Chance aveva proposto l’istituzione di un “chief happiness officer” a cui affidare la responsabilità di creare un clima positivo sul posto di lavoro. La sua proposta, alla fine, non è servita a conquistare il favore del global managing partner della firm Matthew Layton. Ma chissà cosa sarebbe successo se fosse stata messa ai voti…

PROFESSIONISTI

Passiamo ai numeri, dunque. Il sondaggio che MAG e Legalcommunity hanno condotto tra gli studi d’affari ha restituito dei dati abbastanza in linea con quelli del resto d’Italia.

Uno studio su quattro (il 25% del totale dei rispondenti) afferma di aver riscontrato nel proprio organico gli effetti del fenomeno. Quando è accaduto, questi hanno riguardato percentuali oscillanti tra il 5% e il 10% del totale dei professionisti impiegati, e si sono tradotti generalmente in richieste di miglior work-life balance, di possibilità di lavorare da remoto o di una migliore remunerazione; solo in rari casi in un vero e proprio cambio di carriera.

Spostando invece la lente dagli avvocati già in organico a quelli che potrebbero entrarvi, le percentuali si invertono. Ben tre studi su quattro (il 75%) ammettono di aver notato cambiamenti rilevanti nei colloqui di lavoro: la totalità dei candidati è ora solita quantomeno richiedere informazioni sulla possibilità di svolgere il lavoro da remoto.

Interessano subito dopo gli altri benefit e le politiche di wellness eventualmente seguite dallo studio. E, seppur in percentuale minore, gli studi testimoniano un certo interesse degli aspiranti collaboratori nei confronti della posizione (la stance)dello studio su grandi temi come sostenibilità, ambiente e corporate social responsibility.

STUDI LEGALI

Gli studi legali, come anticipato, non sono rimasti impassibili di fronte a queste nuove dinamiche, ma hanno risposto in larga parte aumentando le iniziative orientate a garantire il wellbeing di collaboratori e dipendenti. La survey lo testimonia: rispetto al periodo pre-pandemia, praticamente tutti gli studi rispondenti hanno implementato nuovi benefit e iniziative, dal monitoraggio della soddisfazione dei professionisti, alla flessibilità oraria in ingresso e uscita, passando per la stipula di assicurazioni sanitarie, di convenzioni per fitness o mobilità e per nuove forme di supporto alla genitorialità. Ma la possibilità di muoversi “agilmente” tra ufficio, casa e qualsiasi altro luogo è ormai diventato il benefit più ambito. Ed è quindi su questo che….

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