Grandi dimissioni, smart working e le sfide del mondo HR

Turnover, engagement, leadership, learning by doing, burn out, smart working. Un lessico che fa parte del mondo HR, ma col quale ormai ognuno di noi, volente o nolente, ha preso dimestichezza.
La pandemia ha segnato una linea di demarcazione: da inizio 2020 i temi legati all’organizzazione (e riorganizzazione) del mondo del lavoro, dalle modalità in cui viene svolto fino al “ruolo” che riveste nelle
nostre vite, sono stati all’ordine del giorno.

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Si è via via fatta largo l’espressione “grandi dimissioni”, di cui sempre su MAG abbiamo recentemente tracciato le tendenze nel nostro Paese, con focus, va da sé, sul mondo dell’avvocatura d’affari. Nel pezzo a firma di Giuseppe Salemme si anticipava l’introduzione – comunicata ufficialmente la scorsa settimana – da parte di La Scala Società tra Avvocati del nuovo modello di smart working rivolto ai professionisti e dipendenti del gruppo. Una recente ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano afferma che il fenomeno delle grandi dimissioni interessa anche il nostro Paese: “Il 45% degli occupati dichiara di aver cambiato lavoro nell’ultimo anno o di avere intenzione di farlo da qui a 18 mesi (…) Tra le persone che hanno cambiato lavoro, 4 su 10 lo hanno fatto senza un’altra offerta di lavoro al momento delle dimissioni”.

MAG ha voluto indagare le attuali tendenze attraverso la voce di chi il tema delle risorse umane lo mastica tutti i giorni, per professione e per ruolo “istituzionale”.

«Sicuramente c’è un gran fermento, un grande cambiamento e il mondo HR non è mai stato sotto i riflettori come negli ultimi due anni», sostiene Elena Panzera, senior vice president HR EMEA and AP della società SAS nonché presidente di Aidp Lombardia. «Dobbiamo cogliere questa opportunità – prosegue – ed essere in grado di dialogare con i board aziendali attraverso dati, dimostrazioni, best practices…». Sul fenomeno grandi dimissioni, per Panzera bisogna distinguere: «Non mi limiterei a parlare di “great resignation”. Le aziende virtuose sono infatti in grado di avere un fenomeno di “great reshuffle”. Significa che questo cambiamento si può contenere all’interno della stessa organizzazione e quindi si vince tutti. Infatti, se all’interno della stessa azienda ci sono diverse opportunità, la persona è portata sì a rimettersi in discussione, a cambiare le priorità e fare scelte diverse, ma può trovare nuovi spazi all’interno dello stesso ecosistema a cui l’azienda appartiene». «Se invece manca questo rapporto virtuoso tra individuo e organizzazione – spiega – allora avremo il fenomeno di uscita dall’azienda».

Per Lara Carrese, human capital director di Fondazione Milano Cortina 2026, le grandi dimissioni sono “prevedibili” o almeno “comprensibili” alla luce delle dinamiche sociologiche attuali: «Protagonisti del mercato del lavoro nel 2022 sono millennials e generazione Zeta, persone nate, vissute e cresciute con valori diversissimi rispetto al passato. Una volta, apprendevamo dai nostri genitori che lo stesso lavoro andava mantenuto fino alla pensione e che il matrimonio era “finché morte non ci separi”». Ma, prosegue Carrese, la società attuale sembra andare in un’altra direzione… […]

L’articolo completo su MAG, con gli interventi anche di Roberto Zecchino e Antonio Liotti. Clicca qui e scarica la copia gratuita.

redazione@lcpublishinggroup.it

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