Google vince con l’AGCOM davanti alla Corte di Giustizia: tutti i legali

Successo epocale, per Google, che ha vinto davanti alla Corte di Giustizia in merito alle cause riunite C-664/22 e C-666/22, promosse rispettivamente da Google Ireland e Google Italy contro l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), che riguardano la legittimità di alcune disposizioni della normativa italiana che impongono obblighi specifici ai fornitori di servizi della società dell’informazione, come motori di ricerca e piattaforme online, stabiliti in altri Stati membri dell’Unione Europea.

Il team italiano di Google, affiancato da quello di international litigation del gruppo, è stato diretto dalla legal director Marilù Capparelli (in foto) e composto dai senior counsel Carmelo Fontana e Marta Staccioli, che hanno lavorato insieme agli avvocati di Cleary Gottlieb Mario Siragusa, Marco Zotta, Riccardo Tremolada e Francesco Trombetta.

In particolare, le disposizioni contestate riguardano:

  • Obbligo di iscrizione in un registro tenuto dall’AGCOM: i fornitori di servizi online stabiliti in altri Stati membri sono tenuti a iscriversi in un apposito registro italiano, fornendo una serie di informazioni dettagliate sulla loro struttura e attività.
  • Obbligo di comunicazione periodica dei dati economici: i fornitori devono comunicare periodicamente all’AGCOM i propri dati economici relativi all’attività svolta in Italia.
  • Obbligo di versamento di un contributo finanziario annuale: i fornitori sono tenuti a versare un contributo finanziario annuale all’AGCOM, calcolato in base al fatturato realizzato in Italia.

Google Ireland e Google Italy sostengono che tali obblighi siano contrari al diritto dell’Unione Europea, in particolare alla Direttiva sul commercio elettronico (2000/31/CE) e al principio della libertà di stabilimento. Secondo le ricorrenti, la normativa italiana impone loro oneri amministrativi e finanziari aggiuntivi rispetto a quelli previsti nel loro Stato membro di stabilimento (Irlanda), creando una disparità di trattamento e ostacolando la libera prestazione dei servizi nel mercato interno.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha accolto le argomentazioni di Google, stabilendo che la normativa italiana viola il diritto dell’Unione. La Corte ha sottolineato che gli Stati membri non possono imporre obblighi aggiuntivi ai fornitori di servizi online stabiliti in altri Stati membri, a meno che tali obblighi non siano giustificati da motivi imperativi di interesse generale, quali la tutela dei consumatori o la lotta contro le frodi fiscali, e siano proporzionati allo scopo perseguito.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che gli obblighi imposti dalla normativa italiana non siano giustificati da tali motivi e costituiscano pertanto una restrizione ingiustificata alla libertà di fornire servizi e alla libertà di stabilimento. La sentenza della Corte di Giustizia ha importanti implicazioni per il settore dell’e-commerce in Italia e in Europa, in quanto chiarisce i limiti entro cui gli Stati membri possono regolamentare l’attività dei fornitori di servizi online stabiliti in altri Paesi dell’Unione.

michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

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