Google vince al Tar Lazio contro l’Agcom. Gli in house
Il Tar Lazio ha annullato la multa che l’Agcom aveva comminato a Google per l’indicizzazione di un annuncio a pagamento che rimandava al sito di un casinò on line.
L’autorità accusava Google di aver violato il “Decreto Dignità” che vieta la pubblicità di giochi o scommesse con premi in denaro, attraverso la delibera n. 541/20/CONS del 22 ottobre 2020 che aveva sanzionato con 100mila euro la società (50mila euro al giorno per due giorni, il 14 e 15 novembre 2019). La delibera è stata ora annullata.
La società si è difesa sostenendo che il servizio “Google ADS”, tramite il quale è stato diffuso l’annuncio, è fornito nell’Ue da Google Ireland che in quanto “hosting provider” non può essere chiamato a rispondere del contenuto delle informazioni “caricate” dall’inserzionista (secondo la direttiva “e-commerce” 31/2000 UE e il Dlgs 70/2003).
Anche secondo il Tar il servizio “Google ADS” deve qualificarsi in termini di “hosting”, per cui la “mera valorizzazione degli indici non è di per sé sufficiente a fondare la responsabilità del gestore della piattaforma per la violazione del Decreto Dignità”. Infatti, si legge nella decisione, siamo davanti a un’attività “automatizzata” per cui viene a mancare il “ruolo attivo” che potrebbe fondare la responsabilità del gestore.
“Gli annunci – continua la decisione – sono creati in piena autonomia dall’inserzionista, il quale ne determina il contenuto tramite un processo automatizzato, che prende le mosse dalla registrazione dell’utente, con la creazione di un apposito ‘account’ e la contestuale accettazione delle ‘Norme Pubblicitarie’ contenenti chiare informazioni sulle attività vietate o soggette a restrizioni”.
Nel caso specifico il “blocco” automatico delle attività illecite è stato “forzato tramite una tecnica fraudolenta” e Google ha “pacificamente provveduto, non appena venuta a conoscenza della violazione, a bloccare l’account di provenienza del messaggio illecito”.
Ê stato così annullata la sanzione.
Gli aspetti legali della questione sono stati seguiti dal team in house di Google guidato da Marilù Capparelli (nella foto) per cui ha agito, nello specifico, la senior counsel Marta Staccioli.