Giuristi d’impresa oltre le competenze tecniche
MAG incontra Giuseppe Catalano, presidente Aigi: «Le soft skills, così preziose, si scontrano ancora con un vuoto normativo»
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C’è un tratto specifico che rende il giurista d’impresa un giurista d’impresa. Che fa sì che possa essere occupato su più fronti (e sempre più numerosi, fra l’altro) – dalla contrattualistica alla compliance, dall’m&a all’esg, dalla sicurezza informatica alla privacy, per citarne alcuni. Per Giuseppe Catalano, company secretary and head of coporate affairs di Assicurazioni Generali, che ad aprile inizierà il suo ultimo anno di mandato come presidente di Aigi (Associazione italiana giuristi d’impresa), questo tratto è dato dalle cosiddette soft skill, «e cioè quell’insieme di abilità trasversali che permettono all’in house counsel di fronteggiare sfide che riguardano l’intero business, e non più solo aspetti di pura consulenza legale. È chiaro che le hard skill, ovvero le abilità tecniche e la conoscenza del diritto, siano conditio sine qua non per lavorare nel mercato giuridico, ma le soft skill sono il quid pluris. Senza quelle non c’è prospettiva di crescita, particolarmente in un’organizzazione complessa», ha detto Catalano a MAG.
Tra le soft skill compaiono, per esempio, la solida comprensione commerciale, così come la capacità di leadership, di lavorare in team e di comunicare efficacemente con tutti, dentro e fuori il perimetro aziendale. Ma anche l’intelligenza emotiva, la creatività, la capacità di gestione delle relazioni, l’adattabilità e il problem solving. Con l’avvento della digitalizzazione, poi, la consulenza legale nelle aziende è in via di rapida trasformazione. E allora non è forse vero che un buon giurista d’impresa deve riuscire anche a stare al passo con gli ultimi strumenti tecnologici e comprendere come utilizzarli strategicamente per ottimizzare l’efficienza in azienda? E che sono proprio le soft skill a offrire quel qualcosa che permette oggi di valorizzare meglio il giurista ‘persona fisica’ rispetto agli algoritmi?
Secondo l’indagine sui chief legal officer 2024 condotta dall’Acc (Association of corporate counsel), la maggior parte dei general counsel (58%) supervisiona almeno tre funzioni aggiuntive oltre a quella legale, mentre il 27% arriva a supervisionarne dalle cinque in su. Queste includono aree come: la privacy (44%), l’etica (43%), il risk management (38%), l’esg (24%), il government affairs (22%), la cybersecurity (14%), le risorse umane (14%). È ancora l’Acc, inoltre, a confermare che la maggioranza dei general counsel ha registrato un aumento del carico di lavoro negli ultimi 12 mesi (il 59% riporta addirittura un “aumento significativo”, mentre solo il 3% parla di un calo dei compiti).
Certo, non tutti i legali in house si occupano di tutte le questioni giuridiche. Certo, non tutte le aziende decidono di istituire un dipartimento legale interno. E, certo, anche quando questo è presente, la sua attività dipende comunque dalla dimensione e dal settore di pertinenza dell’azienda stessa. Eppure, la figura del giurista interno sta subendo una trasformazione da cui difficilmente si tornerà indietro e che lo posizionanella cosiddetta c-suite. Il Financial Times, come spesso accade con la lingua inglese, ha trovato l’espressione più indovinata per descrivere la sua funzione: il legale interno, si legge in un articolo pubblicato nel 2023, è un horizon scanner. Scruta l’orizzonte, osserva i rischi e le opportunità, con un occhio al diritto e uno all’aspetto economico, e offre al management la sua consulenza preziosa. E allora perché non riconoscergli le garanzie e i diritti riconosciuti a chi pratica nel libero foro?
Soft skills tra azienda e libera professione
Proprio le soft skills, secondo Catalano, sono quindi il vero vettore che fa crescere il legale in house. Basti pensare, a questo proposito, che sempre più di frequente i general counsel ricoprono cariche nei board, vengono nominati amministratori delegati o prendono in mano le redini di più funzioni oltre a quella legale, ad esempio la comunicazione o le risorse umane. Su quest’ultimo punto, in effetti, avevamo avuto modo di riflettere già nel nostro articolo sui cambi di poltrona del 2023: nell’11,3% delle nomine osservate da Inhousecommunity, infatti, il numero 1 della direzione legale ha continuato il proprio percorso di carriera all’interno dei vertici più alti del management aziendale. Solo qualche nome a titolo esemplificativo: Paola Agrati è diventata ceo di ContourGlobal, mentre Andrea Di Paolo è stato promosso a presidente di BAT Trieste. O ancora: Fortunato Costantino è stato nominato head of HR, legal & corporate affairs di Q8 Italia; Francesco Giliotti è a capo del legal e della comunicazione di Barilla; Amedeo Gagliardi supervisiona diritto e procurement in Autostrade per l’Italia. «E sia. Questo dimostra esattamente che il legale interno viene apprezzato non solo per le sue competenze tecniche, ma proprio per questa capacità di declinarle al meglio nel contesto aziendale, e ciò gli permette una crescita anche delle competenze della funzione che dirige», ha sottolineato Catalano. «Non per nulla, nel percorso per ottenere la certificazione (progetto su cui Aigi ha focalizzato la sua attenzione negli ultimi anni), un modulo riguarda proprio la verifica del possesso di queste abilità “atecniche”».
Ma si tratta di competenze che in uno studio legale non vengono sviluppate allo stesso modo?, la domanda sorge spontanea. Non esattamente, secondo il presidente di Aigi, che sostiene tuttavia che «di sicuro il giurista in house, da un lato, ha a che fare ogni giorno con il cosiddetto rischio di impresa – ovvero la complessità di situazioni, spesso aleatorie e non sempre identificabili, che possono incidere significativamente sullo stato di salute del business – e, dall’altro, ha la possibilità di confrontarsi con colleghi che hanno altre caratteristiche tecniche in azienda, come un direttore di stabilimento, un esperto di marketing, un responsabile della comunicazione, i professionisti degli acquisti e dei settori commerciali. Questi sono elementi di arricchimento per il legale in house che non sussistono per chi si trova nel libero foro». E ha aggiunto: «Ecco perché sarebbe utile abituare anche i professionisti degli studi legali alla modalità di gestione del rischio cui sono abituati gli in house. Poter capire dall’interno dell’azienda come si gestiscono questi aspetti e vedere il giurista d’impresa come un partner e non più solo come un committente, secondo me, può facilitare il lavoro dello studio legale, dandogli al contempo la possibilità di sviluppare skill nuove».
Fluidità di mercato e vuoto normativo
L’idea di una fluidità del mercato auspicata da Catalano, tuttavia, si scontra con i vuoti a livello normativo che riguardano la professione legale. Ne avevamo parlato anche qui: il diritto al segreto professionale, in Italia, è garantito solo agli avvocati iscritti all’ordine (non, quindi, ai legali interni).
«La professione sta cambiando, come dimostra la riflessione su soft skill e nuove responsabilità per i giuristi d’impresa, ma la normativa non si è ancora adeguata. Continuare a pensare che un avvocato perda la sua indipendenza di pensiero se entra a far parte di un’azienda è a mio parere un errore, a maggior ragione se ci si rende conto della dicotomia di fondo in base a cui alcuni in house, come nel caso delle società controllate dallo Stato, possono mantenere le loro caratteristiche di professionisti forensi. A dirla tutta, credo che tutti dovrebbero fare una parte del proprio percorso di formazione in azienda», ha detto Catalano, ricordando che Aigi ha già sottoposto alle diverse istituzioni la proposta di riconoscimento del legal privilege per tutti gli avvocati, esterni e interni, senza che, al momento, questa venisse accolta.
In previsione di quest’ultimo anno di mandato, il presidente dell’associazione non intende fermarsi: «La nostra missione è trovare una sponda parlamentare per il disegno di legge sul riconoscimento del giurista d’impresa. Vogliamo che questo progetto sia vissuto come un elemento di una più complessiva riforma della giustizia che sembra essere ora al centro dell’interesse del governo. Perché questo accada, però, dobbiamo innanzitutto sensibilizzare l’opinione pubblica e i parlamentari sulla delicatezza del ruolo del giurista d’impresa, perché riteniamo, ad esempio, […]
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