Giuristi d’impresa e nuovi orizzonti della compliance integrata
Che cos’è la compliance aziendale e come si applica in modo adeguato nella struttura interna delle aziende? Quali sono i rischi della mancata interpretazione di questo obbligo di legge? Di questo si è parlato nel corso di un incontro on line organizzato ad aprile dallo studio di comunicazione The Skill con il patrocinio di AIGI, Associazione Italiana Giuristi d’Impresa.
È Cosimo Pacciolla (manager contenzioso e consulenza legale, compliance officer antitrust & whistleblowing di Kuwait Petroleum Italia) a dare il via alle riflessioni: «Uno tra i migliori top manager con cui ho collaborato sottolineava spesso l’importanza di saper cogliere i “segnali deboli”, una metafora da velista. Tuttavia, se prima era importante intuire i segnali deboli, oggi è auspicabile che l’attenzione si rivolga anche ai “non segnali”, a quegli elementi che non appaiono ai più ma possono essere previsti. Sulla compliance – continua Pacciolla – temo che non siamo riusciti a valorizzare non solo i cosiddetti segnali deboli ma nemmeno quelli forti. A questo proposito, un interessante report del 2017 di Confindustria offriva un quadro non confortante dell’approccio all’acquisizione dei sistemi di compliance. E temo che quel ritardo rischi almeno di rimanere tale».
GIURISTA D’IMPRESA ‘PROMOTORE DELLA CONDIVISIONE’
Quanto al ruolo del legale interno, per Mirko Salvatore (corporate & compliance senior legal counsel di NTT Data EMEA), questa figura dovrebbe proporsi come “promotore della condivisione”, che agevola la compartecipazione di tutte le funzioni aziendali a partire da una valutazione dei rischi congiunta e dall’adozione di criteri uniformi, per proteggere l’interesse aziendale. Un esempio concreto? Il whistleblowing: «La legislazione sul whistleblowing tutela molteplici interessi, tra cui quello della legalità, della riservatezza del segnalante e dovrebbe tutelare anche il segnalato (anche se il quadro non è ancora maturo)». «Al momento – prosegue l’avvocato – possiamo dire che un approccio non integrato e non multidisciplinare svela un rischio, ed è quello che ogni soggetto coinvolto nel circuito delle segnalazioni adotti un proprio criterio di valutazione, oppure c’è sì una condivisione degli elementi, ma spesso è solo formale. Il rischio è considerare solo alcuni aspetti del processo di segnalazione, e non il modello nella sua generalità».
Al webinar sono intervenuti anche Stefano Aldini (of counsel dello studio SZA), Francesca Ferretti (legal & corporate affairs director di Rentokil Initial Italia), Giacomo Gualtieri (partner dello studio Bana), Ciro Santoriello (magistrato della procura di Torino) e Andrea Camaiora (docente di Comunicazione trasparente al Master Anticorruzione dell’Università degli Studi di Roma 2 Tor Vergata).