Giuristi d’impresa e consulenti esterni: il doppio volto della negoziazione

Negli accordi complessi il legale in house guida il processo, ma il consulente esterno resta decisivo in momenti chiave. Melina Cedron De Loor (Amadeus) e Paolo Gallarati (Advant Nctm) raccontano i rispettivi ruoli in fase di contrattazione

di michela cannovale

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Per i giuristi d’impresa, sedersi al tavolo delle trattative non significa soltanto discutere di clausole contrattuali. Quando si parla di accordi complessi, occorre gestire una pluralità di stakeholder, spesso distribuiti su diverse giurisdizioni, bilanciare rischi e opportunità, interpretare contesti regolatori eterogenei e connettere dimensione legale, scelte finanziarie e strategie aziendali. Si tratta, per esempio, di joint venture internazionali, di deal di outsourcing in settori strategici, di intese di cooperazione o distribuzione: tutte operazioni che aumentano la posta in gioco e richiedono una preparazione meticolosa. Per l’azienda intera, ma anche e soprattutto per i team legali che lavorano all’accordo.

A questo tema è stata dedicata la tavola rotonda “The strategic play: negotiating complex agreements that work for the business”, organizzata con il supporto di Advant Nctm durante l’ACC Europe Annual Conference 2025 di Barcellona. Sul palco si sono confrontati professionisti provenienti dal mondo corporate e da quello della consulenza: Mateusz Wrzesinski (vice president e head of international legal affairs di Barilla), Rachida Achour (technology lawyer di SAP), Melina Cedron De Loor (associate group general counsel di Amadeus IT Group) e Paolo Gallarati (partner di Advant Nctm).

La redazione di MAG era presente e ha voluto approfondire un interrogativo che resta centrale per il mercato legale e per le aziende: fino a dove può spingersi il giurista d’impresa nella gestione di queste trattative strategiche e quando, invece, diventa necessario l’intervento del consulente esterno?

Il giurista interno come “connettore di punti”

Per Melina Cedron De Loor, associate group general counsel di Amadeus IT Group, il valore aggiunto del legale in house nel caso di accordi complessi sta proprio nella capacità di gestire questa complessità dall’interno, trasformando la conoscenza aziendale in strumento operativo.

«Prima il legale viene inserito nel ciclo di negoziazione, migliori sono i risultati, non solo dal punto di vista giuridico ma anche commerciale», spiega. Per questo, Amadeus ha adottato la logica dei deal squad: team interfunzionali che uniscono legale, finance, prodotto, operations e commerciale, con ruoli definiti e momenti di allineamento costanti. La collaborazione si fonda su piattaforme condivise e su un lavoro di orchestrazione che evita silos informativi e consente di reagire ai cambiamenti in corsa.

«Il contributo del giurista interno – sottolinea Cedron De Loor – è quello di saper connettere i punti: capire come un impegno in una parte del contratto possa avere ricadute altrove, individuare incoerenze, allineare le priorità. È così che l’in house counsel diventa davvero parte del successo del business».

Fermezza dove conta

La capacità di connettere i punti si riflette anche nella gestione dell’equilibrio tra ciò che necessita fermezza assoluta (perché tocca la reputazione o la struttura dell’azienda) e ciò che, al contrario, può essere adattato alle esigenze della controparte. Prosegue Cedron De Loor: «Sulle questioni reputazionali o strutturali non possiamo permetterci compromessi. Ma sulle leve commerciali, se i rischi sono chiari e condivisi, la flessibilità può trasformarsi in un vantaggio. In ogni caso, la trasparenza con il management resta la bussola che guida queste scelte».

Quando entra in campo il consulente

Se l’in house counsel è il regista dell’accordo complesso, il consulente esterno entra in scena nelle fasi più critiche. Paolo Gallarati, partner di Advant Nctm, se lo domanda senza giri di parole: «Sono davvero necessario?». Con dipartimenti legali aziendali sempre più specializzati, la risposta non è scontata. Ma in tre ambiti il supporto esterno resta determinante: «Quando è in gioco il legal privilege, in particolare in materia antitrust o in fasi pre-contenziose; quando servono approfondimenti verticali o attività ad alta intensità come le due diligence, difficili da gestire interamente in house; quando è richiesta un’attività di advocacy verso le autorità, contesto in cui l’avvocato esterno permette di spersonalizzare il conflitto e preservare la relazione istituzionale», chiarisce il socio dello studio.

Dalla preparazione alla negoziazione

Una volta coinvolto, il consulente esterno può agire dietro le quinte o condurre direttamente la trattativa. «Il nostro lavoro – continua Gallarati – parte dall’identificazione degli obiettivi commerciali e dalla predisposizione di una check list dei temi legali critici. Dopodiché si stabiliscono le priorità: spesso conviene affrontare prima i punti semplici, per costruire fiducia, e solo dopo i nodi più complessi».

Questo metodo, che culmina nello structure memo (la mappa operativa e fiscale dell’accordo), consente di arrivare al tavolo negoziale con maggiore chiarezza strategica e margini di manovra. Giurista interno e consulente esterno, fianco a fianco.

Due ruoli che si completano

Le esperienze da Cedron De Loor e Gallarati mostrano come, negli accordi complessi, la […]

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michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

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